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In Breve

| 19 luglio 2019, 16:08

La recensione: Serenity

Sgangherato e folle, il thriller di Steven Knight ha comunque il suo perché

La recensione: Serenity

Baker (Matthew McConaughey) è un uomo burbero e solitario, in fuga da un passato traumatico e ossessionato da un enorme tonno che non riesce a catturare. Un giorno la sua ex moglie (Anne Hathaway) si ripresenta da lui, chiedendogli di salvarla dal suo nuovo e violento marito.

Non si può svelare troppo di una trama ricca di colpi di scena e indubbiamente curiosa, seppur non manchino ingenuità narrative piuttosto evidenti. Arrivato alla sua terza regia, Steven Knight (sceneggiatore de La promessa dell’assassino e regista di Redemption Locke) firma un lungometraggio piuttosto folle e sgangherato, che però, se preso nel verso giusto, può divertire e intrattenere.

Knight va spesso sopra le righe, la sceneggiatura si perde di continuo per poi ritrovarsi (almeno in parte) nella conclusione, e l’intera operazione rischia di risultare superficiale e carica di luoghi comuni.

A ben guardare, però, in questo film che echeggia Hemingway (Il vecchio e il mare, ma anche Avere e non avere, portato al cinema da Hawks con Acque del sud) c’è uno spirito tanto anarchico e anticonvenzionale, da essere in grado di dare vita a un’esperienza spettatoriale interessante e tutt’altro che da sottovalutare.

Recensione tratta dal cinematografo.it

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