Il 13 dicembre 2013, il Congresso dei Teologi della Congregazione delle Cause dei Santi sospese il giudizio sul martirio del Servo di Dio Teresio Olivelli con la richiesta di chiarire alcune questioni, in ordine all’atteggiamento antireligioso dei persecutori. Al Postulatore della Causa, Mons. Paolo Rizzi: va il merito di aver curato le risposte al menzionato Congresso dei Teologi mediante le puntualizzazioni su alcune fonti già agli atti e il reperimento di nuovi elementi che hanno meglio precisato l’apparato probatorio già acquisito. A seguito di ciò, il nuovo Congresso dei Teologi, nella seduta del 7 marzo 2017, riconobbe all’unanimità il martirio; stesso parere favorevole venne dato, il 6 giugno 2017, dalla sessione ordinaria dei Cardinali e Vescovi, ratificato da Papa Francesco il 16 giugno successivo.
Che cosa ha permesso di dimostrare il martirio di Olivelli?
Nella Chiesa cattolica la procedura prevede la dimostrazione dell’odium fidei da parte del carnefice, vale a dire la certezza che il martire è stato ucciso perché il persecutore ha voluto colpire la fede cristiana. Su questo si è concentrata l’ultima parte del lavoro. Oltre ad una lettura più appropriata delle testimonianze già acquisite circa il periodo della prigionia nei lager, alcuni documenti reperiti nell’Archivio centrale dello Stato e altri provenienti dall’Archivio storico diocesano di Milano e la testimonianza del teste oculare Venanzio Gibillini, che non era stato possibile acquisire nell’inchiesta diocesana, hanno permesso di sostenere che Olivelli durante la clandestinità è perseguito e poi arrestato anche per motivi religiosi e non solo politici e che nei lager viene percosso più degli altri per il suo atteggiamento religioso e caritativo.
Di cosa si tratta?
Anzitutto di documenti della Segreteria del Duce, cioè il Carteggio Riservato dei Servizi Segreti della Repubblica Sociale Italiana, retta formalmente dai neo-fascisti, ma dominata dai nazisti e asservita alla loro nefasta ideologia. Alla Causa interessano due Rapporti sulla stampa clandestina, da cui si evince che i nazifascisti sono a conoscenza delle peculiarità del giornale Il Ribelle, fondato da Teresio, che considerano diverso dalle altre testate partigiane. Si parla del giornale come “esponente di una strana corrente di ribellismo cattolico-chiesaiuolo di intonazione clericaloide con argomentazioni che possono far pensare alle disquisizioni trinitarie di qualche catechista. Gli idealisti de Il Ribelle puntano sulla morale e sull’educazione”.
Da questa documentazione si deduce che il nome Il Ribelle non è sufficiente a dimostrare l’ispirazione e il programma di questo foglio?
Certo perché è evidente che esso non è soltanto un organo di propaganda partigiana, ma cade nella scure nazifascista soprattutto perché organo di un settore del mondo cattolico, che, diffondendo i valori religiosi, si pone in contrasto con l’ideologia dominante. I nazifascisti ritengono tale settore dal quale proviene Il Ribelle - sorto nel contesto dell’Oratorio della Pace di Brescia e redatto poi nell’ambito cattolico milanese - una realtà anomala dell’ambiente partigiano, tanto da definirlo una “strana corrente di ribellismo”. I persecutori di Olivelli vedono in lui il principale responsabile di un giornale antifascista e antitedesco, sia da un punto di vista politico, ma soprattutto in quanto di matrice cattolica ed espressione della religione cattolica che essi odiano, vessando i credenti e le loro strutture. Questa linea editoriale si esprime in modo pieno nei primi due numeri usciti sotto la diretta responsabilità di Teresio e redatti in gran parte da lui; nei seguenti numeri si è un po’ diluita lasciandosi andare a contenuti anche più forti e bellicosi, ma è rimasta tale nella sostanza.
Quali altri nuovi documenti provano l’atteggiamento antireligioso dei nazisti contro Olivelli?
Le carte rinvenute all’Archivio storico diocesano di Milano, evidenziando il ruolo di Olivelli al fianco dell’ing. Bianchi nell’ambito della FUCI, hanno favorito una maggiore comprensione della corrispondenza tra don Bicchierai e Mons. Montini, sostituto della Segreteria di Stato. Bicchierai è il rappresentante del Card. Schuster presso il Comando tedesco di Milano, pertanto può cogliere i sentimenti di odio dei nazisti verso Olivelli e comprende che la ragione di questo odio sta nel fatto che egli è ritenuto da essi un esponente del cattolicesimo tanto inviso al nazismo. Pertanto, diamo per scontato che i nazisti lo ritengano una persona della Resistenza, ma è documentato che essi lo ritengono anche uno dei principali protagonisti del movimento cattolico ambrosiano, segnatamente l’Azione Cattolica e la Fuci considerati “i peggiori nemici del regime”. Infatti lui e l’ing. Carlo Bianchi, come risulta dai documenti, vengono arrestati in quanto “sono i maggiori esponenti della Fuci” e non perché sono i maggiori esponenti della Resistenza. Pur non essendo iscritto alla FUCI, Teresio è strettamente legato ad essa poiché è attivista de La Carità dell’Arcivescovo, diretta emanazione della FUCI e fondata dal suo presidente Carlo Bianchi, come pure dell’OSCAR-Organizzazione soccorsi cattolici antifascisti ricercati.
I motivi religiosi della persecuzione e dell’arresto si possono far derivare dal suo apostolato nella Resistenza e nelle associazioni cattoliche milanesi?
È evidente che nel periodo della Resistenza egli si dedica a diffondere i valori evangelici in ogni ambiente in cui opera: ciò risulta dalla convergenza di più fonti. Il biografo Caracciolo attesta che Olivelli è accusato, e lo ammette negli interrogatori, di essere responsabile di una “attività volta unicamente a promuovere un movimento sociale di ispirazione cristiana”. Don Antonio Poma è a diretta conoscenza dell’impegno cristiano di Olivelli nella Resistenza e, in un articolo apparso su Il Ticino a pochi mesi dalla sua morte, non lo definisce un combattente, ma un animatore: “Nei tempi della cospirazione la sua opera di animatore era rivelatrice della propria missione cristiana”. Il biografo Dughera riporta uno scritto di Mons. Invernizzi che riferisce le parole a lui dette dal nipote nel corso di una visita al carcere di S. Vittore: “Preparare l’avvento sociale di Cristo: ecco la politica che, mosso dall’urgente carità di Cristo, io feci”.
La persecuzione dei nazifascisti nei confronti di Olivelli nella clandestinità ha rilevanza per il martirio?
Il fascismo aderisce in modo esplicito alla politica persecutoria nazista contro la Chiesa dopo l’8 settembre 1943, quando all’interno di esso prevalgono le correnti più vicine al nazismo. In tale contesto persecutorio, si tratta di stabilire se la persecuzione anticristiana nazifascista colpisce direttamente anche Teresio. Si è dimostrato che nella persecuzione e poi nell’arresto di Olivelli le motivazioni politiche e le motivazioni religiose sono compresenti. I nazifascisti gli sono ostili per ragioni politiche, perché è considerato un nemico di guerra. Ma ciò non basta per attestare l’eroicità delle sue virtù o il martirio, altrimenti si dovrebbero beatificare tutti coloro che, anche se con motivazioni cristiane, lottarono per liberare l’Italia dallo straniero e fecero parte della Resistenza. Deve essere riscontrabile il movente religioso; nel caso di Olivelli esso fa riferimento alla sua opera cristiana di formazione delle coscienze specialmente mediante Il Ribelle, come anche alla sua attività caritativo-assistenziale nel contesto degli ambienti del cattolicesimo lombardo, in particolare quelli vicini alla Curia milanese, considerati nemici della Repubblica Sociale e dei nazisti.
Per quanto riguarda il teste Venanzio Gibillini?
Aveva rilasciato una testimonianza negli anni sessanta, poi si erano persi i contatti. Nel contesto del Centenario della nascita di Teresio si è potuto rintracciarlo e constatare, nonostante l’età di 92 anni, la sua buona salute fisica e intellettuale. Avendo vissuto realmente e quotidianamente accanto ad Olivelli a Flossenbürg, ha fornito elementi importanti circa l’atteggiamento dei persecutori nei confronti del futuro Beato, il quale è percosso più degli altri perché le SS e i kapò riconoscono l’impronta cristiana del suo altruismo. Questa nuova testimonianza e lo studio comparato delle testimonianze degli altri prigionieri dei campi di Gries-Bolzano, Flossenbürg ed Hersbruck - di cui si sono messi meglio in luce elementi non di prima evidenza - hanno consentito di provare ulteriormente che la coraggiosa vita di fede e la carità eroica di Teresio sono il motivo principale dell’inasprimento dei maltrattamenti nei suoi confronti, che superano quelli normalmente inflitti ad altri prigionieri.
Come fu ucciso dai suoi persecutori?
Quello che emerge dalle fonti è che la sua morte è diretta conseguenza delle aerumnae carceris, cioè tormenti e brutali condizioni di vita dei lager nazisti; delle percosse continue subite per la sua condotta religiosa e caritativa: conforto spirituale ai moribondi; preghiera in occasione del decesso dei prigionieri e aiuto ai più deboli; in definitiva del calcio letale al basso ventre infertogli il 31 dicembre 1944 dal Kapò, adirato sia per l’antecedente e quotidiano atteggiamento religioso e caritativo del Venerabile Olivelli, sia per il suo attuale gesto di amore verso un giovane ucraino brutalmente pestato, al quale fa da scudo con il suo corpo. Il calcio violento provoca emorragia interna e dissenteria inarrestabile che lo conducono alla fine in pochi giorni. Il 1° gennaio 1945 è trasferito nell’infermeria del campo dove muore alle prime ore del 17 gennaio.
La volontà di restare fedele a Dio fino alla fine come si è manifestata in Teresio?
Le testimonianze e i documenti sono convergenti nell’affermare che è sempre disposto a dare la vita per fedeltà al Vangelo sia prima dell’arresto sia, soprattutto, nei lager. Qui affronta il martirio a motivo della sua fede, preparandosi a sacrificare la vita per testimoniare il proprio amore a Cristo e ai fratelli, sofferenti come lui, a cui dona assistenza spirituale e materiale, incurante delle punizioni. Dopo la quarantena a Flossenbürg sceglie liberamente di andare alle cave di Hersbruck, luogo di morte, piuttosto che alle fabbriche dove è più facile sopravvivere; e ciò per stare più vicino ai compagni destinati alla morte. I testimoni sono concordi nel dire che si sarebbe salvato se avesse svolto rigorosamente il suo ruolo di interprete, usufruendo delle situazioni di favore che gli spettava. Ma lui rifiuta ciò per fedeltà ai suoi ideali religiosi. È consapevole di rischiare la vita nel testimoniare il Vangelo con la preghiera e con le opere di misericordia, ma continua nella sua missione spirituale e di aiuto verso i prigionieri, fino all’ultimo quando riceve il colpo decisivo.