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In Breve

| 10 luglio 2019, 12:40

La recensione, Spider-Man: Far From Home

Funziona lo spirito teen, un po' meno l'apparato action: ma la freschezza e l'ironia sono le armi giuste per il primo film Marvel post Avengers

La recensione, Spider-Man: Far From Home

È uno Spider Man molto teen il primo film post Avengers: Endgame. Ed è questa la sua forza. Stavolta Peter Parker (Tom Holland) non ha voglia di indossare i panni del supereroe: troppo preso dal suo innamoramento. Il suo unico cruccio è quello di conquistare la sua bella compagna di classe MJ (la deliziosa Zendaya), dichiararle il suo amore e donarle una collana in cima alla Torre Eiffel.

Ma la vita dei supereroi è molto impegnativa e il dovere chiama (la stessa zia May- interpretata da Marisa Tomei- gli mette di nascosto in valigia il mitico costume rosso). Reclutato da Nick Fury (Samuel L. Jackson) per combattere, con Mysterio (interpretato dalla new entry Jake Gyllenhaal), contro gli Elementali, il giovane adolescente dovrà abbandonare i propri desideri e affrontare di conseguenza le proprie responsabilità.

Se nel precedente Homecoming c’era un Peter Parker che desiderava diventare adulto (la ragazza che gli faceva battere il cuore scivolava in secondo piano di fronte al suo desiderio di diventare un Avenger), nel secondo capitolo della trilogia dell’Uomo Ragno, sempre diretto da Jon Watts, al contrario c’è il rimpianto di una giovinezza che va via e l’amarezza del non poter godersi appieno la propria adolescenza. E c’è tutta la malinconia di un Arrampicamuri che vorrebbe viversi la sua età e non può.

L’action è espletata in giro per l’Europa (Venezia, Praga, Berlino e Londra), lontana dai confini del Queens. Lo spirito d’avventura però non funziona perdendosi in un eccesso di computer grafica e di effetti speciali.

Si può dire quindi che il ventitreesimo film del Marvel Cinematic Universe e quello che conclude ufficialmente la così detta Fase Tre dell’MCU, strizzando l’occhio alle commedie liceali anni ottanta di John Hughes, va bene per la sua freschezza e i suoi toni ironici e per la leggerezza e la tenerezza dei suoi protagonisti. Primo tra tutti, il migliore amico di Spider Man: lo strepitoso Jacob Batalon.

È ciò che è umano a conquistarci. È Peter Parker, il personaggio più teen della Marvel, con i suoi occhi spalancati sul mondo, la sua goffaggine e la sua innocenza a fare la differenza. E soprattutto con la sua ansia del tempo che fugge. Per l’eternità e per fermare le lancette dell’orologio che corre non servono le ragnatele sparate sui muri, basta il suo sguardo.

Recensione tratta dal cinematografo.it

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