I carabinieri del comando Stazione di Vigevano hanno deferito in stato di libertà per il reato di calunnia e procurato allarme presso le autorità un cinquantaquattrenne nato in città, senza fissa dimora, con precedenti di polizia.
Al termine di una scrupolosa attività investigativa, il predetto è stato infatti deferito all’autorità giudiziaria per aver denunciato falsamente una rapina da lui subita per mano di un soggetto, di cui forniva accurata descrizione e che ne permetteva la certa e immediata identificazione da parte dei carabinieri in un ventiduenne tunisino pregiudicato senza fissa dimora, da lui poi confermata tramite individuazione fotografica formale.
La vicenda aveva avuto luogo lo scorso 27 agosto quando l’uomo, dopo essere stato soccorso da un vigilantes della Civis in piazza Sant’Ambrogio, aveva richiesto l’intervento di una pattuglia dei carabinieri. L’autoradio della Sezione Radiomobile della Compagnia di Vigevano era giunta subito sul posto dove il predetto aveva segnalato che poco prima, mentre usciva dai locali dove sono presenti gli sportelli bancomat della filiale “Intesa San Paolo” di corso Vittorio Emanuele, gli era stato strappato il borsello che teneva a tracolla da un individuo, nel vano tentativo di asportarglielo. Aveva aggiunto che nel rovinare a terra, aveva perso il proprio telefono cellulare e il mazzo di chiavi di casa, che il rapinatore gli aveva sottratto, dandosi poi a precipitosa fuga. L’uomo aveva poi formalizzato nella mattinata la denuncia presso la sede del comando compagnia carabinieri di via Castellana fornendo una descrizione molto accurata del malfattore che aveva indirizzava inequivocabilmente i militari sul presunto responsabile, la conferma del quale veniva dall’uomo a seguito di individuazione fotografica certa.
Peccato che gli accertamenti ulteriori abbiano invece dimostrato come i due già si conoscessero e avessero passato i momenti antecedenti l’inventata rapina a dialogare insieme fino a che il rapinato immaginario non consegna spontaneamente al tunisino il telefono, che gli viene poi restituito da altri connazionali del magrebino, utilizzato forse come pegno per la consegna di qualche sostanza.
L’uomo, che ha già ammesso la colpa, non ha spiegato i motivi di tale gesto che oltre ad aver contribuito ad accrescere l’allarme sociale abbiano fatto concentrare risorse su un reato inventato ma che è costato allo stesso una doppia denuncia.