Difficile comprendere perché la politica non dimostri prima di tutto fiducia nei cittadini, la parte migliore e sicuramente incolpevole durante l'emergenza Coronavirus. I titoli dei giornali da giorni riportano del possibile utilizzo di droni, controlli a tappeto, 70mila agenti schierati - non meritano anche gli agenti di celebrare le feste? -, come se ci si debba per forza affidare al controllo e all'intimazione per essere al sicuro invece che investire sul consiglio, sul buonsenso e sull'autocoscienza.
Perché dare la sensazione di avere a che fare con un popolo di cui diffidare, come se fosse sempre pronto a scavalcare le norme (non ci si stupisca se poi lo stesso ragionamento è rivolto, al contrario, dai cittadini alla politica)? Perché non capire che sfiducia provoca sfiducia mentre fiducia chiama fiducia? Perché diffidare dei cittadini proprio nei giorni più intimi, simbolici e ricchi di speranza dell'anno? (Se non si diffidasse di loro non si sarebbero imposte regole senza eguali in Europa come il divieto di uscita dal proprio Comune il 25, 26 e l'1 gennaio).
Andando nel concreto.
1) Perché negli altri grandi Paesi si crede nella libertà, nel discernimento, nella comprensione della realtà e nel buonsenso della popolazione, eliminando il coprifuoco almeno per la notte di Natale e Capodanno in Francia (dove ci si potrà anche spostare da una regione all'altra e andare all'estero) o spostandolo alla 1.30 in Spagna, dove è autorizzata anche la messa di mezzanotte, mentre in Italia si viene costretti a restare confinati nel proprio Comune dalle 22?
Siamo considerati più incoscienti o più furbi degli altri oppure è la politica ad avere paura dei suoi cittadini e a non riuscire a svolgere il proprio ruolo che è anche quello di concedere speranza e serenità, soprattutto nei giorni della speranza e della serenità per eccellenza?
2) La regola di restare confinati nel proprio comune negli unici tre giorni dell'anno in cui proviamo ad aprirci alle persone che abbiamo accanto, al di là della dimensione dello stesso comune, è talmente discriminatoria da non doverlo neppure sottolineare troppo: fossimo cittadini di Milano, potremmo recarci tranquillamente da piazzale Loreto a San Siro, percorrendo una decina di chilometri, mentre un residente di Vigevano negli stessi giorni non potrà spostarsi a pochi chilometri da un parente di Cassolnovo o Gambolò.
Perché negare o concedere libertà in base a un mero calcolo chilometrico? Non esistono metodi meno brutali per prendere una decisione che di fatto avvantaggia alcuni e sfavorisce altri senza giustificazione?
3) Perché, infine, definire un decreto e un'ordinanza ragionando sempre su come il cittadino sarebbe pronto ad eluderli, e finendo quindi per vietare sempre qualcosa in più di ciò che andrebbe fatto, invece di pensare semplicemente a una regola aderente alla realtà? (Non è che in Spagna e Francia la realtà sia molto diversa dalla nostra, tutt'altro).
Perché impaurire e imporre invece di sollevare, rinfrancare, responsabilizzare e affidare il presente e il futuro, per una volta, nelle mani dei cittadini che, finora, sono gli ultimi da punire per la gestione di tutto ciò che sta accadendo?