Inizia il Festival di Sanremo e, in una sola sera, Claudio Baglioni porta sul palco dell’Ariston tutti e 24 i cantanti in gara.
In quasi 5 ore di spettacolo abbiamo ascoltato tutte le canzoni in gara intervallate dai super ospiti. Dal duo Andrea e Matteo Bocelli a Giorgia passando per Pierfrancesco Favino e Claudio Santamaria. Musica e cinema che si incrociano, un dualismo già visto ma che sembra funzionare sempre. E poi le parentesi canore di Baglioni, anche queste già viste l’anno scorso, ma sempre apprezzate dallo zoccolo duro dei sui fan.
Tanta musica e poco spazio alle divagazioni, e così le grandi protagoniste sono state le 24 canzoni in gara.
Ecco come le abbiamo giudicate:
Francesco Renga “Aspetto che torni”: un Renga più malinconico e meno orchestrale del solito porta una ballata dolce e partecipata. Un crescendo tipicamente festivaliero per un brano che potrebbe non restare in mente. Voto 6
Nino D’Angelo e Livio Cori “Un’altra luce”: sonorità fuori dal mondo tipicamente partenopeo, brano costruito e complesso. Bravo Nino D’Angelo a farsi da parte per ‘condire’ un pezzo che vede Livio Cori come protagonista principale. Spezzano un cliché. Voto 6,5
Nek “Mi farò trovare pronto”: energia, carica, pezzo dritto e diretto, uno schiaffo dopo la melodia del duo che lo ha preceduto. Andrà per radio. Peccato per un testo non all’altezza dell’arrangiamento. Voto 6,5
The Zen Circus “L’amore è una dittatura”: una marcia ricca di parole, non la si canterà sotto la doccia ma la si riascolterà per capirne le sfumature e lo spessore. Performance di spessore, emozione e trasporto, messaggio chiaro e diretto. Voto 7,5
Il Volo “Musica che resta”: sono sempre Il Volo, il che per alcuni può essere un pregio, per altri meno. Piace a chi già piace, difficile coinvolgere un pubblico non vicino al loro mondo. La tecnica è indiscutibile, la contemporaneità è rivedibile. Voto 5
Loredana Bertè “Cosa ti aspetti da me”: solo a vederla capisci che il Festival è roba sua, ma non si distacca troppo da quello che ci si aspetta da lei. Ma in quanto a carisma e voglia di esserci e di farsi sentire non la batti. Voto 6,5
Daniele Silvestri “Argentovivo”: quasi teatro canzone, banchi sul palco dell’Ariston, si parla di scuola e di carcere. Il passaggio di testimone con Rancore porta forza e intensità, riascoltate le parole e pensate prima di commentare. Voto 7,5
Federica Carta e Shade “Senza farlo apposta”: si ripete lo schema del rapper e della voce femminile a fare i cori, testo senza spessore, citazioni di un’attualità troppo banale, melodia che non rimane. Se ne può fare a meno. Voto 5
Ultimo “I tuoi particolari”: racconta di una quotidianità persa, lo fa con delicatezza ed eleganza, lo fa con una maturità degna di un ‘big’. Brano pieno, unisce un testo strutturato a una melodia piacevolmente festivaliera. Voto 7
Paola Turci “L’ultimo ostacolo”: ha il ‘tiro’ che ci si aspetta da lei, è profonda, graffiante, bella da vedere e da sentire. Brano forse poco orecchiabile e difficile da canticchiare, ma da risentire . Voto 6,5
Motta “Dov’è l’Italia”: è il Motta che si aspettava chi ama Motta. Non si snatura per il Festival, tocca l’argomento che sembrava tabù fin dalla vigilia, si mantiene a livelli a lui consoni senza perdere un centimetro. Esibizione che nulla ha a che vedere con un esordiente. Voto 7
Boombadash “Per un milione”: brano vuoto, studiato per il mercato radiofonico e con un tentativo di pezzo dell’estate. Poco altro da dire. Voto 5
Patty Pravo e Briga “Un po’ come la vita”: vanno oltre i problemi tecnici, ma hanno un brano un po’ insipido per distinguersi nella mischia. Lei è sempre Patty, ma un po’ confusa, lui non verrà ricordato. Voto 6
Simone Cristicchi “Abbi cura di me”: l’interpretazione è tipica di Cristicchi, l’intensità e il valore delle due parole lo sono altrettanto. Difficile dare un giudizio, forse il miglior testo dell’edizione, ma un brano difficile da ‘spendere’ nel mondo mainstream. Per amatori. Voto 7
Achille Lauro “Rolls Royce”: esordio assoluto per il mondo dell’auto-tune sul palco dell’Ariston, ma coinvolge e non stravolge. Sarà il pezzo più cantato da domani e ha un futuro in radio. Porta leggerezza, non impegna non volendo impegnare e bagna l’esordio della tra a Sanremo. Bravo. Voto 7
Arisa “Mi sento bene”: in partenza sembra Frozen, poi esplode nel suo essere molto Arisa, gioiosa senza un vero perché e con un brio imprevedibile dopo i primi secondi. Non lascia il segno come nelle sue precedenti apparizioni. Voto 6
Negrita “I ragazzi stanno bene”: c’è tanta musica con loro sul palco dell’Ariston, pezzo suonato a pieno in stile Negrita, ma difficilmente uscirà dallo zoccolo duro dei loro fan. Voto 6
Ghemon “Rose viola”: porta un rap classico (ormai raro) condito da una melodia vocale elegante e calda. Brano dal respiro internazionale, radiofonico, di spessore. Voto 6,5
Einar “Parole nuove”: giovane ma tanto festivaliero, parla di amore e lo fa su un arrangiamento e una melodia vocale che, per la maggior parte, sono il grande classico dell’Ariston. Ci era piaciuto di più a Sanremo Giovani. Voto 6
Ex-Otago “Solo una canzone”: si adattano bene (forse troppo) al mondo del Festival con una ballata che forse li penalizza un poco. Brano da riascoltare, ma ci si poteva aspettare qualcosa di più. Voto 6
Anna Tatangelo “Le nostre anime di notte”: sembra di tornare indietro di oltre un decennio, rappresenta un Festival che si è chiuso ormai anni fa. Classica, fin troppo. Le doti vocali e la pulizia del canto non sono in discussione, ma siamo a corto di contemporaneità. Voto 5,5
Irama “La ragazza con il cuore di latta”: canzone cantata e recitata, non ci si poteva aspettare un messaggio così da chi si affaccia per la prima volta al Festival dei ‘grandi’. Va oltre le aspettative e merita un premio. Voto 6,5
Enrico Nigiotti “Nonno Hollywood”: c’è nostalgia, amore, affetto. Parlare al nonno per raccontare una realtà che no piace e ha perso sapore. Si guarda al passato senza retorica. Voto 6,5
Mahmood “Soldi”: coinvolgente, moderno, quasi futurista. Ritmo travolgente anche se complesso. Sorpresa. Voto 7