A volte, ma solo a volte, prima delle vittorie e delle sconfitte ci sono gli uomini. A cui la vita toglie tutto, perfino la vita, addirittura una sorella e poi ridà qualcosa che non potrà mai restituire quella mancanza, né colmarla. Ma, almeno, renderle giustizia. Con un pensiero, una parola, una spinta. Con un abbraccio e una vittoria in cui c'è tutta Francesca, la sorella di Rino Gattuso che è parte di ciò che è successo, forse la più importante.
«La vita dà e toglie - dice Rino, l'allenatore di tutti per una notte grazie alla sua umanità, al suo cuore, alla sua purezza, alle sue palle e alle spalle larghe, al suo Ringhio in un mondo spesso senza rumore né colore - ma io penso di avere sempre ricevuto più di quello che ho dato». La frase si interrompe, come se Gattuso avesse voluto sentirsi dire da qualcuno, in quel momento, che in realtà la vita gli ha tolto ciò che nulla e nessuno potrà mai ridargli.
Eppure Gattuso ringrazia quella stessa vita in cui c'è anche la morte che l'ha toccato da vicino, perché lui è così, incarna il destino e lo rispetta anche quando è atroce: «Credo nel dio del calcio» dice. «Credo nei valori e nel rispetto. Tutto ciò che avevo, l'ho sempre lasciato sul campo. Agli altri». Ed è per questo che gli altri, stasera, pur non potendogli restituire quello che lui vorrebbe e non potrà avere, gli regalano qualcosa di altrettanto eterno e indimenticabile: il loro cuore.
Ringhio, non hai vinto la Coppa Italia ma qualcosa in più. Il calcio divide ma tu unisci tutti noi, ora e per sempre al tuo fianco.