Finisce con cinque assoluzioni e con due condanne il processo per il filone vercellese e casalese dell'inchiesta che vedeva al centro la cooperativa Punto Service e il suo presidente Massimo Secondo, ai tempi destinatario di un provvedimento cautelare di sospensione, per sei mesi, dalla carica societaria.
Tra le assoluzioni, quelle di maggior peso riguardano proprio la società e il suo presidente che chiudono la propria partita con la giustizia vedendo riconosciuta la correttezza del proprio operato: «Dopo oltre 5 anni dalla conferenza stampa in cui la Procura della Repubblica di Vercelli e la Guardia di Finanza avevano reso pubbliche le ipotesi accusatorie nei confronti di Punto Service e del suo presidente - si legge in una nota della società - il 26 ottobre 2021 con sentenza definitiva il Tribunale di Alessandria ha assolto Punto Service dalle accuse di corruzione “perché il fatto non sussiste” e lo stesso ha fatto giovedì il Tribunale di Vercelli, accogliendo le richieste sia del pubblico ministero che della difesa. Il presidente Massimo Secondo, personalmente destinatario di 8 capi d’imputazione, ne ha visti sette archiviati senza neppure iniziare il processo dai Tribunali di Vercelli, Torino e Alessandria che li hanno ritenendoli infondati, mentre per l'ottavo è stata comminata una multa. Ora sia Punto Service che Massimo Secondo hanno definitivamente chiuso il loro percorso giudiziario. Grazie a tutti i nostri soci e collaboratori che sono riusciti, grazie a cinque anni di lavoro durissimo, a mantenere l’azienda parzialmente indenne dalle conseguenze delle accuse».
La maxi inchiesta, durata due anni e che aveva coinvolto oltre 30 persone, era stata spacchettata in vari tronconi e inviata, per competenza territoriale, alle Procure di Alessandria, Savona e Biella. A Vercelli erano rimaste le accuse relative ai tre appalti casalesi: due per i servizi ausiliari nelle scuole e nei nidi comunali e uno dell'Asl per l'assistenza domiciliare nel distretto di Valenza. Sul banco degli imputati erano finiti, oltre alla società e a figure apicali delle gerarchie aziendali, anche i funzionari che avevano preso parte alle commissioni di gara. Al termine del processo il pubblico ministero Anna Caffarena aveva chiesto condanne complessive per 13 anni.
Nel pomeriggio di giovedì, invece, il collegio presieduto dalla giudice Enrica Bertolotto ha assolto da tutte le accuse Franco Barbano, direttore della Casa di Riposo di Casale, il funzionario dell'Asl di Alessandria Massimo D'Angelo e la funzionaria del Comune di Casale Claudia Mantovani (commissari in due gare d'appalto); assolta anche la dipendente della Punto Service Mikaela Carnazza, stretta collaboratrice dell'allora amministratore delegato della cooperativa e per la società stessa.
Condanna per la tentata corruzione, invece, per Franco Deambrogio, all'epoca amministratore delegato per le attività casalesi della Punto Service: nei suoi confronti la corte ha pronunciato una condanna a 4 anni, così come era stato chiesto dall'accusa, assolvendolo perciò da alcuni capi di imputazione relativi alla turbativa d'asta.
La corte ha accolto l'impianto accusatorio secondo cui il dirigente avrebbe tentato di influenzare gli affidamenti dei due appalti milionari, facendo leva sul suo legame di amicizia con l'ex presidente del Consiglio comunale di Casale, Davide Sandalo. La corte, oltre a comminare a Deambrogio anche la pena accessoria dell'interdizione dai pubblici uffici, ha disposto il rinvio alla Procura degli atti in relazione all'ipotesi di turbativa d'asta per l'episodio legato al ritrovamento, a casa della sua collaboratrice Elisa Pelizzari, di una chiavetta contenente un bando di gara non ancora pubblicato ma modificato dalla donna con integrazioni successivamente ritrovate nel bando ufficiale. Per questo episodio Pelizzari è stata condannata a 6 mesi, a fronte dell'anno e mezzo richiesto dall'accusa.