Venerdì 4 ottobre, alle ore 21, presso la sala polifunzionale “A. Savini” in piazza Corte Granda, il casalese Paolo Faroni presenterà al pubblico il romanzo Mi ami Anto?, di cui è autore. L’evento, organizzato dalla Biblioteca comunale “G. Marucchi” in collaborazione con l’Assessorato alla cultura di Valle Lomellina, sarà l’occasione per rivedere all’opera un artista che il pubblico ha già avuto modo di apprezzare in passato. Attore, autore e regista teatrale, Paolo Faroni si è diplomato alla Scuola d’Arte Drammatica “Paolo Grassi” ed è tra i fondatori dell’associazione culturale Blusclint, con cui porta in scena i suoi testi, caratterizzati da uno spiccato taglio umoristico e satirico. Con l’opera in presentazione Faroni si cimenta per la prima volta nella narrativa: un esordio, lo anticipo, decisamente interessante e felice. Come recita il sottotitolo, ci troviamo di fronte ad un “romanzo di trasformazione”. Giunto in prossimità dei cinquant’anni, Faroni utilizza a modo suo i moduli del Bildungsroman (il tradizionale romanzo di formazione), rielaborando sulla pagina quel segmento fondamentale della vita, sua e di tutti, che si sviluppa tra la soglia dell’adolescenza e quella dell’età adulta. Ma non lo fa partendo dal presente, bensì assumendo un punto di osservazione intermedio, collocato nel 1999. La vicenda principale si svolge nell’arco di poche ore, dal tardo pomeriggio del 03 aprile alle prime luci del giorno seguente, durante le quali l’autore, allora ventiquattrenne, attraversa una serie di situazioni che coinvolgono i luoghi e le persone per lui più significativi del suo periodo casalese – tappe di un percorso che offrono l’addentellato alla rievocazione, sorvegliata e sempre funzionale al racconto, di un gran numero di altri fatti e personaggi. Il gruppo degli amici, la scuola, l’oratorio e il centro di aggregazione giovanile, il primo amore (al quale Faroni dedica alcune delle pagine meglio riuscite) e le prime delusioni, la scoperta delle proprie passioni e le difficoltà a trovare un posto adeguato in un contesto sociale sostanzialmente chiuso, il rapporto ambivalente con una realtà, quella di Casale, sentita come periferica e il desiderio di cercare altrove la realizzazione delle proprie aspirazioni: sono questi i temi principali che l’autore affronta, accompagnandoli con le proprie riflessioni. Grazie a questo, il romanzo si allarga ad una prospettiva più ampia: attraverso le sue vicende personali, Faroni riesce a far emergere senza fronzoli le molteplici e contraddittorie sfaccettature di un contesto di provincia degli anni ’90, un posto con “tanta nebbia, tante zanzare e tanta voglia di suicidarsi”, come si legge in una delle prime pagine. La scrittura di Faroni risulta precisa ed efficace, scorrevole senza mai essere superficiale, tanto che il romanzo si lascia leggere tutto d’un fiato. I personaggi, principali e secondari, sono tratteggiati in modo nitido, ciascuno con caratteristiche peculiari che ne marcano l’individualità. Il tono della narrazione non è uniforme, ma varia a seconda dell’argomento trattato: prevale sì un umorismo di fondo, e l’ironia a tratti vira a ritmo spedito verso il comico. Ma quando la materia lo richiede, l’autore sa toccare anche altre corde, decisamente più drammatiche, pur senza mai indulgere al retorico o al patetico. È il caso della rievocazione del suicidio di un giovane militare di leva; ma è soprattutto il caso dell’amianto, del disastro ambientale che ha colpito Casale a causa dell’Eternit (o meglio, a causa della criminale avidità umana), con il suo tremendo e, purtroppo, non definitivo bilancio di vittime – una tragedia così sentita da affiorare in più punti del romanzo, a partire dalla malcelata (e perciò ancora più evidente) allusione contenuta nel titolo. In definitiva, l’operazione che Paolo Faroni compie brillantemente con il suo romanzo non è tanto una proustiana ricerca del tempo perduto: il che risulterebbe, a conti fatti, inutile, dal momento che quel tempo, per lui, non è affatto perduto. L’autore, piuttosto, fruga tra i suoi ricordi, ne estrapola una parte, grazie alla distanza che, nel frattempo, vi si è frapposta li colloca nella giusta prospettiva, e con essi sembra voler chiarire innanzitutto a se stesso uno snodo fondamentale della sua vita; e lo fa, dettaglio non marginale, trasformando tutto ciò in racconto, in letteratura. Un recupero del passato che, però, rifugge da ogni intento nostalgico. È l’autore stesso a chiarire la connotazione negativa della nostalgia, dopo aver paragonato la vita non a un segmento di retta che collega la nascita alla morte, bensì a una linea piena di tornanti (come si evince dal disegno in copertina): “Chi viaggia su una retta vedrà tutte le cose che ha davanti a sé in anticipo, perciò sai che noia? E peggio ancora, vedrà tutto ciò che ha lasciato indietro, il che è male perché finirà per provare nostalgia e la nostalgia è come camminare portando uno zaino pieno di pietre che, più vai avanti, più aumentano. Dietro una curva, invece, non sai mai cosa troverai e tutto ciò che ti lasci alle spalle non lo vedrai più. Al limite potrai ricordarlo. Ma questa è la memoria. La memoria sì, la nostalgia no!” Rinnoviamo pertanto l’invito alla presentazione del romanzo Mi ami Anto?, di Paolo Faroni, che si terrà il prossimo 04 ottobre, alle ore 21:00, nella sala polifunzionale “A. Savini”, a Valle Lomellina.