(Adnkronos) - "Colpo di scena sul caso Mps Mediobanca: 'Non sussiste il patto occulto' fra i soci Delfin e Caltagirone e 'non sussiste il concerto' con Siena. Un documento della divisione vigilanza emittenti della Consob, datato 15 settembre 2025, scardina le fondamenta dell’impianto accusatorio sul presunto patto occulto fra Francesco Milleri, presidente di Delfin, Francesco Gaetano Caltagirone, fondatore del gruppo Caltagirone, e il ceo di Mps, Luigi Lovaglio, per prendere il controllo di Mediobanca e Generali aggirando l’obbligo d’Opa su Piazzetta Cuccia". E' quanto scrive il 'Sole 24 Ore' sottolineando che il documento Consob, inviato alla Procura di Milano come trasmissione degli esiti dell’attività di vigilanza svolta, "diverge dunque totalmente dalle ipotesi degli inquirenti: nega l’esistenza di un concerto - e di conseguenza mina il presupposto dell’inchiesta che in questi giorni ha travolto Mps e Mediobanca - rendendo siderali le speculazioni di Borsa su un’Opa obbligatoria a cascata sulle Assicurazioni Generali".
Dopo sei mesi di indagini e audizioni, l’Autorità di vigilanza, scrive ancora il quotidiano economico, "è invece arrivata alla conclusione sul 'patto occulto allargato' che 'nessuna delle condotte riferite da Mediobanca -peraltro non supportate da evidenze probatorie di alcun genere - è parsa essere caratterizzata da profili di potenziale criticità o allarme' e, in definitiva, che, 'sulla base delle attività di verifica svolte, non siano sussistenti quegli indizi gravi, precisi e concordanti idonei e necessari per accertare la sussistenza di un’azione di concerto tra i soci Delfin, Caltagirone e il Mef attuata anche tramite Mps, nonché la conseguente sussistenza di un obbligo di Opa su Mps' e su Mediobanca. Insomma, tutto quello che negli ultimi 10 giorni ha fatto tracollare del 14% i titoli Mps per un presunto 'aggiotaggio' e 'ostacolo all’autorità di vigilanza', conseguente a un presunto patto occulto fra i grandi soci, secondo gli esiti della vigilanza Consob non sussiste. 'Più in particolare, non sono stati rilevati accordi verbali o scritti, espressi o taciti, ancorché invalidi o inefficaci, tra i soggetti sopra richiamati, che rappresentano il presupposto della relazione consensuale in cui si sostanza l’azione di concerto; né la sussistenza di tali accordi pare potersi inferire in via indiziaria, attraverso la valorizzazione di elementi fattuali, quali la constatazione di una condotta allineata da parte' di Milleri, Caltagirone e Mps".
Ma non solo. La Consob certifica inoltre che l'opzione Mediobanca era stata teorizzata da Mps già nel 2022. La Consob, scrive 'Il Sole 24 Ore', sottolinea che la 'documentazione acquisita' mostra come "un’operazione di integrazione Mps con Mediobanca fosse menzionata tra le varie ipotesi di sviluppo di Mps prese in considerazione dall’amministratore delegato Lovaglio già a fine 2022, dovendosi quindi escludere a monte la riconducibilità di tale opzione operativa esclusivamente ad un accordo pre-esistente tra le parti volto a fare acquisire un’influenza dominante di Delfin e Caltagirone su Mediobanca-Generali per il tramite di Mps come sostenuto dagli esposti di Mediobanca". Il successo dell’Ops, con adesioni all’86%, rileva il quotidiano, "mostra peraltro come l’operazione sia stata supportata dal mercato più che dai grandi soci". Tanto che , osserva 'Il Sole 24 Ore', che la relazione Consob sottolinea "che l’acquisizione di Mediobanca 'sarebbe stata effettivamente sviluppabile e perseguibile anche in assenza del riassetto azionario di Mps (l’ingresso nel capitale di Delfin, Caltagirone e BancoBpm, ndr)'".
Di più, sottolinea il Garante, il Tesoro a
novembre 2024, prima dell’irruzione nel risiko bancario del banchiere Andrea Orcel e della sua UniCredit, aveva in mente tutt’altro progetto per la sua partecipata: il terzo polo, scrive 'Il Sole 24 Ore', "doveva dare alla luce Mps BancoBpm, non Mps Mediobanca: 'Verosimili e coerenti con il contesto di mercato – scrive infatti la Consob - paiono le ricostruzioni offerte dall’amministratore delegato Lovaglio circa l’iniziale accantonamento di tale opzione (l’acquisizione di Mediobanca, ndr) in favore dell’altra operazione prospettata, ossia della possibile integrazione con Banco Bpm, ritenuta preferibile dal socio Mef, all’epoca socio di controllo di Mps, e considerata come opzione prioritaria anche nel momento del lancio dell’Abb (il collocamento accelerato); nonché circa la successiva riconsiderazione della stessa quando, a seguito del lancio da parte di UniCredit dell’Ops su Bpm a fine novembre 2024 sono di fatto venute meno le condizioni di realizzazione di un’operazione con Banco Bpm rendendo praticamente obbligata, in quel contesto, la scelta di perseguire l’unica opzione alternativa possibile, ossia l’integrazione con Mediobanca'".
Insomma, solo a fine 2024 e nella partenza di una corsa senza precedenti dell’M&A bancario in Italia, osserva il quotidiano, "ha preso forma a Siena l’operazione industriale su Mediobanca; l’integrazione, pensata già nel 2022 dal top manager Lovaglio, nel momento in cui il Tesoro ha collocato il 13 novembre il 15% di Mps, non era più l’opzione principale".
"Compatibile con tale ricostruzione - spiega l’Ufficio Opa e assetti proprietari nel documento - parte anche la tempistica seguita da Mps, in parte condizionata dalla mossa di UniCredit, che ha accelerato l’esigenza, in un contesto di probabili annunci di altre offerte competitive, di assumere l’iniziativa per primi, lanciando l’Ops su azioni Mediobanca". In altre parole, osserva il quotidiano, "Mps si è dovuta muovere rapidamente rispolverando le altre opzioni e chiamando Jp Morgan a dicembre 2024 perché, chiusa da Orcel la strada verso l’integrazione con Banco Bpm, Siena ha avvertito il rischio di arrivare tardi anche in Piazzetta Cuccia".




