Le appena terminate vacanze di Pasqua, con il relativo "ponte", hanno senza dubbio portato diversi cuneesi in altrettanto diverse parti d'Italia, d'Europa e del mondo. Come si può esserne sicuri? E' sufficiente buttare uno sguardo alle pagine Facebook e Instagram (tanto per citarne due) dei nostri contatti social: pullulano di fotografie che si dividono tra le classiche grigliate in giardino ai viaggi più o meno lunghi, tanto che si potrebbe concludere, modificandolo, il famoso adagio "Natale con i tuoi..." con un ben più realistico "... Pasqua DOVE vuoi".
Secondo un recente studio del Dartmouth College nel New Hampshire, pubblicato dal Journal of Experiment Social Psychology e ripreso anche nella giornata di ieri da Repubblica.it, però, tutta questa mole di fotografie potrebbe essere pericolosa. Soprattutto per la nostra memoria, anzi, per la nostra capacità di ricordare.
Il College ha realizzato un esperimento usando un campione di cento persone, assegnate a una visita all'interno di una chiesa e divise in due gruppi: il primo dotato di un Ipad (quindi della capacità di fotografare ciò che avrebbe visto), il secondo senza alcun dispositivo contenente una fotocamera. A seguito della visita, poi, è stato consegnato loro un questionario comprendente dieci domande, alle quali i membri del secondo gruppo hanno risposto in modo esatto più volte rispetto a quelli del primo.
Il risultato sembra quindi essere che la possibilità di scattare una fotografia "sbiadisca" il ricordo del soggetto fotografato, biologicamente perché ci si concentra di più sull'atto di fotografare che sul soggetto stesso, togliendogli qualunque componente emotiva e quindi qualunque collegamento mnemonico.
La differenza tra le risposte giuste dei due gruppi è certamente poca (parliamo di sei risposte per il primo e sette per il secondo), ma c'è. Cosa significa, in prospettiva, questa rilevazione? Dove ci porterà? Ma soprattutto, dovunque e comunque si vada a finire... riusciremo a ricordarci di quando le cose non stavano così?