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Cultura-Eventi | 05 aprile 2018, 11:33

Vigevano, Mogol incanta alla cavallerizza raccontando i segreti dell’interpretazione

Pieno successo per la serata organizzata dalla Fondazione Piacenza e Vigevano in cavallerizza: ospite d’onore Mogol, che ha tenuto una lezione sull’evoluzione dell’interpretazione delle canzoni da parte dei cantanti di musica leggera

Vigevano, Mogol incanta alla cavallerizza raccontando i segreti dell’interpretazione

Da Nilla Pizzi e Natalino Otto fino a Vasco Rossi e Arisa. Mogol ha raccontato alla folla radunata in cavallerizza per ascoltarlo (oltre 400 persone) come si è evoluta l’interpretazione delle canzoni da parte dei cantanti di musica leggera, sempre alla ricerca di un maggiore contatto con la realtà e quindi con il pubblico. L’evento è stato organizzato dalla Fondazione Piacenza e Vigevano con il pretesto di ricordare i cinquant’anni dal ’68, anche se, alla fine, di ’68 quasi non se ne è parlato. Ecco invece l’insegnamento del Maestro riguardo alla corretta interpretazione di quelle che qualcuno si ostina ancora a chiamare “canzonette”.

“I cantanti italiani dei primi anni Cinquanta erano concentrati sul virtuosismo. Pensiamo a Claudio Villa mentre canta ‘O’ Sole Mio’, ha il primario obiettivo di far capire a tutti quanto è bravo. Negli stessi anni, in America, Elvis segue obiettivi completamente diversi: voleva fare innamorare le donne. Cantando la stessa ‘O’ Sole Mio’, ha un fare piacione, che lo rende attuale ancora oggi. Nilla Pizzi a suo modo era moderna, ma oggi non accettiamo più molti tratti delle sue interpretazioni perché eccessivamente drammatizzate. Possiamo dividere ‘Grazie dei fior’ e accorgerci che ci sono frasi che pronuncia in maniera netta, e sono tutt’ora godibili, e altre dove invece calca la mano, e le sentiamo lontane. Il pop avvicina alla realtà. Lo riconosciamo più vicino a noi perché siamo tutti professionisti della realtà.

Una volta, invece, si sentivano tutti in dovere di fare i virtuosi. Analizziamo Nicola Di Bari mentre canta ‘La Prima cosa Bella’, canzone scritta da me. Rovina tutta la credibilità allungando quasi sempre l’ultima vocale di ogni verso. Allora si usava così. Almeno in Italia. Perché negli Stati Uniti, in contemporanea, c’era Frank Sinatra, che cantava troncando in maniera netta le parole. È più simile al parlato, e quindi attuale ancora oggi.

Bob Dylan ha vinto il Nobel per la letteratura, ma secondo me non l’ha vinto per i suoi testi. Sono buoni, certamente, ma non da premio Nobel. Io credo che abbia vinto il Nobel perché ha rivoluzionato il modo di cantare. Il suo è quasi un parlato. Non canta, dice. Battisti lo imparò benissimo: se pensiamo ad ‘Anche per te’, non può esistere un modo migliore e più attuale di cantarla di come lo fece lui all’epoca. Vasco Rossi ha estremizzato questo concetto. Prendiamo la sua versione de ‘La Compagnia’, così possiamo fare un confronto diretto con Battisti. Qui siamo al parlato, e tutti possono cantare insieme a lui.

I cantanti, finalmente liberi dall’impiccio di dover a tutti i costi dimostrare qualcosa, riescono a parlarci. Si comunica di più quando non ci si vuole esibire. Così fa anche Arisa, che è stata allieva al mio centro di Toscolano e compagna di corso di Giuseppe Anastasi. Insieme hanno scritto tante canzoni, tra cui ‘Sincerità’. È questo un altro esempio di esibizione che ci risulta vicina, perché ci parla direttamente”.

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