La notizia è giunta in redazione come la classica doccia fredda. Il post del nostro amico Paolo Razzano, che era anche suo nipote ad annunciarla: “L’Inter, la pipa, la tua infinita simpatia. Hai combattuto come un leone contro questa malattia terribile. Con te se ne vanno davvero gli anni più belli e spensierati. Ciao zio Enrico, saluta i nonni lassù “. Paolo da politico e anche da buon collega giornalista, in poche righe, riesce a sintetizzare la vita di Enrico Barenghi. E’ allora che inizi a realizzare la cosa. “Cazzo è morto anche l’Enrico”. Il Covid 19 – alla faccia dei Covid scettici … – non guarda in faccia a nessuno. Sta stroncando generazioni intere e la cosa più brutta sono le modalità barbare.
Che verrebbe da dire, incivili, appunto, per un Paese che civile vuol dirsi. Perché morire lontano dai propri cari, in un letto di ospedale della Brianza, in quel di Desio, da dove ti possono arrivare solo notizie frammentate non è cosa umana. Ci mettiamo nei panni di Andrea, un nostro caro amico dai tempi dell’Universo – stupenda esperienza e fucina giornalistica, nata per intuizione dell’allora parroco Don Walter Larghi, in quel della Sacra Famiglia – e poi continuata in quel del settimanale Città Oggi. Pensiamo all’agonia che ha vissuto l’Enrico, classe ’47, sua moglie, Andrea e suo fratello.
E poi tutti i suoi cari, tutti quelli che avrebbero voluto salutarlo e invece l’hanno visto andar via caricato su un’ambulanza del ‘118’ destinazione Desio da infermieri vestiti come dei palombari. Ogni tanto ce lo dimentichiamo, cerchiamo di esorcizzare la malattia, pensando a queste belle giornate di primavera, a questo ennesimo lockdown, che comunque non sarà come quello del marzo scorso da serrata generale, perché la gente – comprensibilmente, “non ce la fa più” ( lo ha detto ancora oggi sua grazia, il governatore Attilio Fontana….), è allo stremo. Ma il virus bastardo è lì, continua a mietere vittime. Non si ferma. Colpisce in forme imprevedibili. Come alla roulet russa.
E quando torna a colpire persone della tua comunità, gente che incontravi ogni giorno per strada o che conoscevi da un vita, fa ancora più male. Allora capisci l’angoscia mista ad ansia di chi aspetta questo benedetto vaccino, capisci perché ci sono intere generazioni di persone pressoché segregate in casa. Perché quando la ruota gira e viene a suonare al tuo campanello, l’epilogo – anche nelle modalità sopra descritte – è straziante. Enrico Barenghi, aveva 73 anni, era volontario dell’AICIT, anche in quest’epoca di Coronavirus, e sempre perché alto è stato in lui sempre l’impegno per la propria città, per lungo tempo è stato anche volontario della Protezione Civile.
In questo mesto momento, tutta la redazione di TN e Vigevano24 si stringono ai suoi familiari. E’ un altro momento di lutto per la nostra comunità. Se il 2020 è stato un anno devastante in questo senso, il 2021 continua in perfetta linea di continuità. A noi cronisti l’ingrato compito di raccontare come sta cambiando la nostra società, di come tante persone, ancora in piena salute, da un giorno all’altro continuino ad essere portate via da questa pandemia.
A questo punto, non possiamo che riprendere le parole del generale Francesco Paolo Figliuolo, neanche una dose di vaccino, dovrà essere buttata via. Alla faccia anche di quei manettari che vorrebbero aprire inutili fascicoli, fare esposti in Procura, per chi è stato chiamato alla chetichella in ospedale per farsi inoculare una dose di vaccino che diversamente sarebbe finita nel bidone dell’immondizia.
Ha ragione il Generale. Bisogna fare in fretta, perchè di tempo ne è stato perso già fin troppo, e ogni morte in più per Covid, resta sulla coscienza di questi nostri governanti (a Roma e in Regione) cialtroni….e un po’ cazzari, che hanno lasciato i nostri medici a combattere a mani nude e i nostri vecchi a morire da soli.
F.V.
Articolo tratto dal sito partner www.ticinonotizie.it