La seguii in adorazione, fissando in continuazione quel suo fondoschiena perfetto,
fino ai piedi della magnolia ammalata.
“Aspettami lì!”, fece segno di sedermi dentro il gazebo ottagonale.
Eseguì la sua indicazione, tenendomi pronto a scattare in caso di un suo repentino
tentativo di fuga. S'avvicinò alla magnolia e s'inginocchiò tra le sue radici che sfiorò.
Ferma, in silenzio, fissò il tronco e cominciò a massaggiarlo lentamente. L’operazione durò circa cinque minuti. Poi si mise in una specie di posizione yoga, chiuse gli occhi e non si mosse più di un millimetro. Passarono parecchi minuti dopo i quali si alzò e abbracciò il tronco. Pensai che fosse fuori di brutto. Aspettai che si alzasse. Mi disse: “Fatto! Possiamo andare.”
Partì decisa innanzi a me e io la seguii.
“Medis!” La chiamai, “Medis!” Non rispose. “Matilde!” Si girò sorridendo.
“Smettila, tu non sei Matilde!”
“Se lo dici tu.” Riprese il suo cammino.
“Dimentichi qualcosa!”
“Cosa?”
“Gli orecchini, prego!”
“Ti prego! Me li lasci ancora fino a davanti casa?”
E come facevo a dirgli di no? Mi aveva appena baciato e pensai che, se mi fosse andata bene, magari, stavolta mi avrebbe invitato a casa sua. Mi sentivo pirla anche solo al pensarle certe cose. Tant’è che acconsentii.
Arrivammo in silenzio vicino alla casa, sotto la meridiana sulla porta con l’arco scemo.
“Eccoci, ci siamo. È ora di riconsegnarmi gli orecchini!”, le dissi.
“Allora non me li lasci proprio? Il libro gliel’ho già consegnato, veramente. Non mi
credi vero?”
“Io potrei anche crederti, ma... non posso!... Cerca di capire. Facciamo così: io
domattina vado dal signor Calcagno, verifico che sia venuto in possesso del suo
libro e poi, se mi dai il tuo numero di telefono, ti chiamo, ci andiamo a bere un bel
caffè e ti consegno i tuoi orecchini.”
Si avvicinò lentamente con i suoi occhi nei miei, le sue labbra a pochi millimetri
dalle mie, tanto da avvertirne il calore. Sussurrò:
“Non posso. Ed è un vero peccato.”
“E perché mai?”
“Perché potresti essere tu il truffatore e svignartela con i miei orecchini.”
“Andiamo... Tu hai il mio numero e, non so come, ma sai anche chi sono. Mentre
io, di te, non so praticamente nulla a parte un nome che potrebbe essere falso e
la tua nazionalità, probabilmente falsa anche quella perché dall’accento non
sembri neanche lituana o rumena che sia”
“Luigi, credimi, potrei dirti cose da farti accapponare la pelle. Ci sono cose che è
meglio non sapere. A volte i nostri limiti servono a proteggerci. Tuttavia,
occasionalmente, le chiavi per aprire alcune porte ci vengono date e neanche ce
ne accorgiamo. A volte invece ce ne rendiamo conto e le infiliamo nelle serrature
sbagliate. A volte ciò che si pensa non esistere è solo lì, nella stanza attigua. Eppure una presenza si percepisce, una passione si assorbe e l’amore non si racconta. Non ti verranno fornite prove perché non esistono prove di ciò che non vuole essere svelato. Lo devi sentire. Non potrai mai scriverlo, non lo leggerai mai. Ma sai che è lì e non potrai mai dirlo a nessuno.”
“Come quando ci siamo baciati?”
“Proprio così.”
Sorrise, si avvicinò e mi baciò dolcemente e tanto appassionatamente che il cuore
sembrò fermarsi. Improvvisamente ebbe un sussulto e guardò spaventata dietro
di me. Io mi girai e non vidi niente. Mi rigirai immediatamente verso di lei e non
c’era più. Sparita.
Mi avvicinai alla casa e sbirciai dalla finestra ma non vidi nessuno.
Bussai, niente, nessuno mi aprì.
Bussai più forte: “Apri! Ladra! So che sei lì dentro! Apri... Cazzo apriiii!”
Una mano mi afferrò di colpo alle spalle, poi subito l'altra alla nuca e un'altra ancora alla schiena. Non feci neanche in tempo a girarmi che la mia faccia era appiccicata alla parete di quella casupola e la mia bocca ne stava baciando il freddo intonaco ammuffito.
Urlai terrorizzato, ma quelli urlarono più forte di me:
“Pezzo di merda d'un tossico cosa ci fai qui dentro, eh?”
“Non sono un tossico... mi hanno appena derubato... cazzo, sono stato derubato!”
“Sì... Vieni a raccontarlo alla polizia! Te l'ho detto Frà: qui la notte è pieno di tossici. Ringrazia che non ti sei preso un confetto in testa. Ringrazia che sei ancora al mondo... sei ancora fortunato... pezzo di merda tossica!”
“Ha ragione il mio amico sai? Sei un pezzo di merda! Eheheh! Andiamo!” Disse l’altro. Così mi avviai alla volta dell'uscita principale con i miei due nuovi fidanzatini a braccetto: uno a destra e l'altro a sinistra.
“Vi dico che sono stato appena derubato c'è una ragazza qui dentro... forse è la figlia del custode!”
“Hai visto ragazze qui dentro Frà?”
“Almeno ne avessi viste... Almeno!”
“Guarda che t’hanno dato della roba di merda! Di ragazze qui non ce ne sono e il
custode non ha figli, è nubile da sempre.”
“Celibe Frà... Si dice celibe!”
“Vabbè è zitello! Va bene così?”
“Cazzo che pirla che sono stato! Che pirla! Che pirla!”
“Che vuol dire pirla? Belin? Cugghiune? ...Sì? Ma di dove sei? Sei un Milanès?... Ma
Dai! E vieni fin qui a farti le pere? Guarda che sprechi la benzina. La roba, qui, la
comprano dalle tue parti... pirla.”
“Vi giuro che non sono un tossico, guardate!... Guardate le braccia! E poi vi sembro
un tossico? Ho la faccia da tossico forse? Sono stato derubato cazzo!”
I due pseudo gendarmi si fermarono e mi guardarono. Meglio non sapere cosa
pensarono di me in quel momento.
“Ma belin, potresti essere mio padre, che belin ci fai qui alla tua età? Besugo, ti gira
bene che oggi non abbiamo voglia di denunce e menate di belin. Adesso esci da qui e sparisci per sempre dalla nostra vista! Vedi di non farti più vedere qui dentro
altrimenti, la prossima volta, non la passi così liscia... Va bene? Vai a farti da qualche altra parte, possibilmente perso nella merdosa nebbia di casa tua, così nessuno ti vede! D'accordo?”
Annuii per farli contenti.
“Sparisci!”, ordinò uno.
“L'è megio nasce fortunou che ricco!”, disse l'altro.
“Grazie!”, mi venne da dire, per lo scampato pericolo.
Appena ripresomi pensai:
E adesso? Chi glielo dice al vecchio? Adesso penserà che me li sia tenuti io gli orecchini.
Cazzo! Penserà che sto facendo il furbo. Gli dico che ho incontrato il fantasma e se l’è preso lei e poi è sparita. Cazzo, non mi crede. Non mi crederà mai. Ma la trovo quella! Cazzo! Ma la trovo va, dovessi girare la città tutta notte. Deve uscire da quel parco...
Cazzo se ci deve uscire e io la aspetto! Cazzo se l'aspetto! La zoccola!
Il tempo fu dispettoso come al solito: immobile quando attendi, velocissimo quando
hai fretta. Perlustrai il perimetro esterno del parco, lungo chilometri, avanti e indietro, per tutta notte. Mi facevano male i piedi. ero distrutto dalla fatica, consumato dallo stress e infreddolito. Ero esausto e la notte stava volando sulle ali gelide di quella incessante tramontana. Cominciai a detestare quel vento estenuante. Quei due figli di puttana... Non mi hanno creduto... Quella stronza... Poteva almeno darmi quel libro... stronza! Vatti a fidare delle donne! Sei il solito pirla, quando vedi una sottana non capisci più niente, non hai ancora capito un cazzo della vita! Sei un immaturo del cazzo. Dovrei andare alla polizia e denunciare tutto... ma sono io l'unico indiziato, dove cazzo vado? Gli dico che mi ha derubato un fantasma? Già... e poi come lo spiego che mi trovavo al parco a quell'ora?
No!... Niente polizia. Cazzo faccio adesso?
Domani mattina vado dal vecchio e gli spiego tutto, speriamo che mi creda... d'altronde voleva certezze... e io gliela do una certezza: la certezza è che quella è una ladra del cazzo!
Ecco la certezza!
Ma non mi crederà, è questo il punto. Non crederà alla storia del furto e penserà che me li sono fregati io quegli orecchini. Così alla polizia ci andrò eccome domani, ma come indiziato di furto e truffa aggravata.
Pensandoci bene, però, come fa il vecchio a dimostrare che li ha dati a me quegli
orecchini? Non lo può fare! E no, che non può farlo!
Però come faccio a dirglielo al capo domani?
Cosa gli dico?
Che l'affare è andato a puttane per una puttana?
Che si è volatilizzato come un fantasma?
E a Paola?
Eh! Paola... Cosa gli racconto a Paola?
Cara, ti ho fatto saltare il week-end perché mi sono innamorato di un fantasma che
mi ha sedotto con la sua bellezza e mi ha sfilato gli orecchini di mano come a un
coglione ipnotizzato? O peggio che ho perso l’affare per correre dietro a una figa più giovane e bella di te?
E a Click?... Click mi prenderà per il culo per il resto della mia vita! No, cazzo! Me lo merito!
Che pirla!
Pirla!
Pirla!
Pirla!
Quel poco di notte, che mi restava la passai a studiare ogni centimetro quadrato
dell'intonaco screpolato del soffitto della mia camera d'albergo.
Sperando che mi crollasse addosso!
(Autore: Denti Pompiani Maurizio, tutti i diritti sono riservati.)
Altre opere: Le favole non sono mica roba da bambini – Episodes – La venditrice d’ali.
Disponibili su Amazon.it