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| 06 gennaio 2018, 12:22

La recensione: Jumanji – Benvenuti nella giungla

Dal gioco da tavola al videogame: anche il cinema ne paga le conseguenze. Passatempo per console senza arte né parte

La recensione: Jumanji – Benvenuti nella giungla

Zanzare, leoni e scorpioni. Avvoltoi, giaguari ed elefanti. Queste sono solo alcune delle creature che popolano Jumanji, “un gioco che sa trasportar chi questo mondo vuol lasciar”. Nel 1995, il primo capitolo aveva invaso le sale cinematografiche con la forza di un rinoceronte in corsa. Gli effetti speciali, i precursori di quelli che avrebbero dato vita ai dinosauri di Jurassic Park, si fondevano con un’anima ecologista, una natura dirompente che invadeva la città riprendendosi la terra. Alcune sequenze sono indimenticabili e, con una fitta di nostalgia, assistevamo a un grande Robin Williams ancora sugli scudi.

Oggi la maledizione di quel gioco da tavolo, adesso aggiornato a videogioco per il NES, torna sul grande schermo in Jumanji – Benvenuti nella giungla. Questa nuova avventura segue il percorso inverso del primo film: non sono gli animali a invadere il nostro mondo, ma i protagonisti a lanciarsi in uno sfrenato Welcome To The Jungle (i Guns N’Roses risuonano imperiosi durante i titoli di coda). Il nerd, lo sportivo, la pupa e la ragazza introversa si ritrovano, per motivi diversi, in punizione dopo la scuola. Nello scantinato che dovrebbero ripulire, si mettono a giocare a un misterioso videogame, che risucchia i nostri eroi in una foresta indomita.

La struttura è proprio quella di un passatempo per console: i teenager si trasformano in avatar e devono affrontare diversi livelli per poter rivedere i loro cari. Hanno tre vite disegnate sul braccio, e al loro termine sarà game over per sempre. Il secchione ha i muscoli ipertrofici del professor Smolder Bravestone, l’immancabile Dwayne Johnson, la sventola si scopre uomo, con il volto di Jack Black, l’atleta perde la sua statura e diventa un porta zaino, e la giovane timida veste abiti succinti, con un fisico da urlo. La realtà si ribalta nella finzione e ognuno si tramuta nel suo opposto. Follie hollywoodiane.

Del Jumanji del 1995 rimangono un improbabile villain di nome Van Pelt, come il cacciatore che inseguiva Robin Williams, e la capanna in cui per tanti anni è rimasto inchiodato Alan Parrish, il vecchio protagonista. Tutto il resto è una lotta selvaggia con ippopotami assassini, insetti mortali e centauri ben poco raccomandabili. Benvenuti nella giungla? Meglio trovare l’uscita il prima possibile.

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