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In Breve

| 02 aprile 2019, 16:58

Lettere al Direttore: Il DSM e la classificazione delle parafilie

Riceviamo e pubblichiamo integralmente

Lettere al Direttore: Il DSM e la classificazione delle parafilie

Con l’acronimo “DSM” si configura il cosiddetto “Manuale diagnostico e statistico dei disturbi mentali”, internazionalmente noto come “Diagnostic and Statistical Manual of mental disorders”. Questo manuale è stato pubblicato dall’American Psychiatric Association con lo scopo di rendere più omogenei i criteri diagnostici in ambito psichiatrico.

La prima edizione risale al 1952 (DSM-I), la seconda è datata 1968 (DSM-II), la terza 1980 (DSM-III) cui segue una revisione del 1987 (DSM III-R),  la quarta edizione nel 1994 e, infine l'ultima edizione (più aggiornata e strettamente correlata alla “Classificazione Internazionale delle Malattie e dei Problemi di Salute Correlati” dell’O.M.S. DSM-IV) nasce nel 2012 e prende, appunto, il nome di DSM-V. Nel corso degli anni, sempre più specialisti Medici Psichiatri e Psicologi di tutto il mondo hanno determinato il configurarsi del DSM, nelle varie edizioni, come uno strumento attendibile ed estremamente utile per diagnosticare con criteri universali patologie e disturbi che possono avere molte sfaccettature.

Per fare un esempio di facile comprensione, un paziente cinese che manifestasse sintomatologia configurabile nel contesto di una depressione reattiva (conseguente cioè ad un avvenimento attinente il vissuto del paziente), si vedrebbe verosimilmente diagnosticata la stessa patologia tanto in Cina che in Italia od in Australia, a patto di rivolgersi ad uno specialista aggiornato e preparato.

Le discipline afferenti la diagnosi ed il trattamento dei disturbi mentali sono scienze relativamente giovani ed in continua evoluzione, grazie anche al progredire di discipline quali la Neurologia, la Neuroradiologia, la Farmacologia, la Farmacocinetica e persino l’Endocrinologia. Ecco perché il DSM si aggiorna e corregge se stesso in tempi relativamente brevi. Questa premessa si rende necessaria per comprendere come determinati disturbi fossero, negli anni passati, configurati come vere e proprie patologie, mente attualmente siano classificati come disturbi di tipo comportamentale. E’ questo il caso delle cosiddette parafilie.

In ambito psichiatrico, psicopatologico e sessuologico con parafilia (dal greco  para παρά = “presso”, “accanto”, “oltre” e filia φιλία = “amore”, “affinità”) si intende un insieme di manifestazioni della sessualità umana. Il termine “Parafilia” è stato coniato dal DSM-IV per raccogliere in un’unica classe i  disturbi dell’eccitazione sessuale, a causa dei quali il soggetto, pur perfettamente consapevole della propria condizione, non riesce a vivere una sessualità svincolata da comportamenti disturbati e disturbanti.

I più noti e frequenti sono: 1) Esibizionismo sessuale: si verifica quando il soggetto presenta,  per un periodo maggiore o uguale a sei mesi, la fantasia, l’impulso o la necessità di mostrare i propri genitali ad estranei. Può  evolvere in patologia conclamata; 2) Feticismo sessuale: si verifica quando il soggetto presenta, per un periodo maggiore o uguale a sei mesi, la fantasia, l’impulso o la necessità di raggiungere l’eccitamento sessuale attraverso oggetti inanimati; si classifica come disturbo di tipo compulsivo a sfondo sessuale; 3) Frotteurismo: si verifica quando il soggetto presenta,per un periodo maggiore o uguale a sei mesi, il bisogno di strofinarsi addosso ad una persona non consenziente; 4) Pedofilia:  si verifica quando il soggetto presenta,per un periodo maggiore o uguale a sei mesi, desiderio sessuale o eccitamento sessuale verso bambini di età inferiore ai 13 anni, può essere rivolto sia verso i maschi che le femmine, o contemporaneamente; 5) Masochismo: si verifica quando il soggetto presenta,per un periodo maggiore o uguale a sei mesi,impulsi e comportamenti reali  mirati ad ottenere  umiliazione psico-fisica; 6) Sadismo: si verifica quando il soggetto presenta,per un periodo maggiore o uguale a sei mesi, impulsi e comportamenti reali mirati ad infliggere sofferenza; 7) Travestimento: si verifica quando il soggetto presenta,per un periodo maggiore o uguale a sei mesi, la tendenza a travestirsi in persona appartenente al sesso opposto; 8) Voyeurismo: si verifica quando il soggetto presenta,per un periodo maggiore o uguale a sei mesi, impulso e desiderio di osservare persone in atteggiamenti sessuali, ignare dell’essere osservate; 9) Travestitismo: rientra nelle parafilie ma è considerato a margine del disturbo dell’identità sessuale. Nel DSM-IV si caratterizzano le parafilie in base all’aspetto ossessivo – compulsivo verso comportamenti o situazioni non direttamente connessi alle finalità riproduttive tipiche del sesso tradizionale. In mancanza di questo elemento, simili pratiche sessuali vengono considerate soltanto inusuali, senza  necessariamente implicare che esse siano “sbagliate” o “malate”.

Il termine parafilia è stato introdotto per sostituire, all’interno di una classificazione scientifica più rigorosa, la vecchia definizione di perversioni o deviazioni sessuali, fra le quali erano state incluse anche l’omosessualità e altre forme di sessualità. L'omosessualità non è più classificata come patologia dal 16 maggio 1990, questo per far tacere i tanti omnisapienti il cui reale problema è una serena vita personale.

Giovanna Rezzoagli Ganci

Counselor in Scienze Sociali

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