E' un anno maledetto, da qualunque punto di vista lo si osservi, questo 2020. E la notte appena trascorsa porta con sé un'altra pessima notizia, soprattutto per chi ama il mondo del calcio. E' infatti morto Paolo Rossi, Pablito, all'età di 64 anni, sconfitto da un male incurabile.
Era nato a Prato, il 23 settembre del 1956. E chiunque abbia in testa oggi qualche capello bianco è sicuramente cresciuto nel mito di questo attaccante dal fisico distante da quello dei "super-atleti" attuali, ma letale in area di rigore. Una carriera, la sua, segnata anche dalle vicende del calcioscommesse, ma la luce che splende più forte è quella che arriva dalla Spagna, dai Mondiali del 1982.
Con Paolo Rossi (e prima di lui Gaetano Scirea) se ne va un'icona dello sport, ma anche della cultura pop italiana. La sua esultanza, i suoi gol che di punto in bianco cominciano a trascinare gli azzurri di Bearzot alla finale e poi alla vittoria, sono diventati un monumento culturale come l'urlo di Marco Tardelli o l'esultanza in tribuna del presidente della Repubblica, Sandro Pertini.
Ma per Paolo Rossi, che dopo aver appeso le scarpette al chiodo ha lavorato a lungo come opinionista in televisione, i successi non sono mancati nemmeno con la maglia della Juventus, con cui ha giocato fino al 1985 prima di chiudere la carriera al Milan e poi al Verona. Per lui, con il club bianconero, due campionati, una coppa Italia, una Coppa dei Campioni (quella terribile dell'Heysel), una coppa delle Coppe e una Supercoppa. Indimenticabile anche l'eroico secondo posto a cui trascinò il Lanerossi Vicenza, con cui fu il miglior marcatore del campionato, prima in B e poi in A, per due stagioni consecutive.