Ha scosso profondamente la notizia della studentessa di 19 anni che, nella prima mattinata di ieri, si è tolta la vita all'interno di un bagno dell'università Iulm di Milano . Il Coordinamento Nazionale dei Docenti della Disciplina dei Diritti Umani, per voce della professoressa Rosa Manco, ha voluto intervenire sulla vicenda sottolineando il clima sempre più distorto tra i giovani a causa di cliché di successo e insana competizione che la nostra società, scolastica e non solo, impone agli studenti.
Il Coordinamento Nazionale dei Docenti della Disciplina dei Diritti Umani esprime profondo cordoglio per la scomparsa della studentessa ventenne che questa mattina alle 6:45 (ieri, ndr) è stata trovata senza vita nei bagni dell’Università Iulm di Milano.
La ragazza in un biglietto lasciato ad amici e parenti definisce la sua vita un fallimento. Lo scritto è stato trovato accanto alla giovane dal reparto investigativo dei Carabinieri. Mancano ancora molti particolari per ricostruire la tragica dinamica, ma per ora tutto spinge a pensare che si sia trattato di un suicidio.
Ancora una giovane vittima, quindi, ancora una ragazza schiacciata dal peso dei “fallimenti personali nello studio”. Così ha scritto la studentessa di Arte e Turismo nella lettera-testamento che denuncia con la sua disfatta la sconfitta dell’intera società. E per tale ragione siamo tutti più meno responsabili.
La morte della studentessa racconta il disagio di una generazione devastata dall’utopia, non sempre raggiungibile, dell’eccellenza. Messaggio quest’ultimo che arriva da canali diversi e con diverse modalità, ma arriva a loro, ai giovani.
Arriva involontariamente dalle famiglie e dai coetanei, arriva spesso dai professori, arriva continuamente dai media, arriva dalla società tutta, che ormai svezza i giovani per spingerli ad una corsa contro il tempo, affinché le conquiste, anche e soprattutto quelle scolastiche e universitarie, giungano in tempi record.
Non tutti gli studenti però riescono ad essere scolari e laureati prodigio. E siccome di questi ultimi vengono esaltate e celebrate le imprese, a scapito di chi è sempre dietro, coloro che non sanno anticipare i tempi canonici previsti per il completamento degli studi, né riescono sempre a collezionare successi, si sentono inadeguati, in ritardo, fuori tempo e spesso falliti. Per tale ragione, sempre più spesso, qualche anima fragile sceglie un tragico epilogo per comunicare tutto il malessere che si portava dentro.
È stato così per Giada 25 anni, morta a Napoli nel 2018. Per Daniela, studentessa di Medicina, morta nel Campus dell’Università di Salerno nel 2021 e per altri 3 studenti sempre di Medicina, stessa università, morti tra il 2017 e il 2020. È stato così per altri due studenti di Medicina, un venticinquenne di Pavia, un ventiseienne di Perugia, e per uno studente di Ingegneria di Genova, morto nel 2019. È stato così anche per uno studente venticinquenne di Lettere della Federico II di Napoli, per uno studente di 30 anni fuorisede dell’Università di Bologna, morto nel 2021, e per uno studente dell’Università di Chieti, morto sempre nel 2021.
L’elenco dei ragazzi che per difficoltà incontrate, lungaggini burocratiche asfissianti, blocchi psicologici, esami difficili da superare, bugie raccontate alla famiglia per non deludere, si sono tolti la vita è certamente più lungo. Abbiamo scelto solo di ricordare qualche studente per dare l’idea della profondità della nostra piaga sociale.
Nostra, infatti, di tutti. Perché è la stessa società ad essersi inferta questa profondissima ferita, che con il tempo è divenuta piaga. Il pericoloso cliché del fallito e dei fallimenti è la società che lo costruisce e lo consegna ai giovani mentre “normalizza” l’immagine degli studenti prodigio.
La narrazione dei media delle gesta intellettuali di laureati appena ventenni, se da un lato produce stupore, curiosità e ammirazione verso gli enfants prodiges, dall’altro sviluppa, o talvolta accentua, un senso di inadeguatezza in molti laureandi fuori corso e studenti universitari in generale che vedono lontano l’agognato traguardo, perché non sanno battere tutti i record e correre più veloce del tempo previsto, e allora si sentono gli ultimi della fila.
Oltre a un sentimento di profonda tristezza per le tragiche storie che abbiamo provato a raccontare, ci sentiamo di esprimere una forte preoccupazione per la situazione che stiamo vivendo.
Ci teniamo quindi a sottolineare che il messaggio che deve arrivare ai giovani studenti, dal mondo familiare e scolastico, dai media e dalla società in senso lato, è quello di vivere la formazione universitaria e scolastica come una tappa preziosa e varia per la crescita e l’arricchimento personale e collettivo. È questo che conta più di tutto e prima di tutto, e non certamente l’insana competizione tipica di una società all’insegna dell’antagonismo.
Tutti insieme dobbiamo riuscire a non caricare di ansia chi cammina con il proprio passo che non può essere uguale ai passi degli altri. Ci sono tanti, troppi studenti che vivono male gli insuccessi legati allo studio, che si sentono inadeguati, in colpa, fuori tempo e lontanissimi dagli altri coetanei, quelli bravi, quelli acclamati dalla società perché collezionano infiniti record.
Dobbiamo riflettere tutti, e cambiare atteggiamento verso “i bravi” e verso “gli ultimi della fila”, per poi decidere seriamente e veramente di cambiare una volta per tutte rotta.
Prof.ssa Rosa Manco
Coordinamento Nazionale
Docenti della Disciplina Diritti Umani