L’uovo costituisce l’alimento principe della cultura di quasi tutti i popoli del Pianeta. Da sempre utilizzate in numerose preparazioni alimentari per le loro proprietà̀ funzionali che sono principalmente tre (proprietà di coagulazione; proprietà schiumogene e di montabilità dell'albume; proprietà emulsionanti del tuorlo), costituiscono anche un’ottima fonte di nutrienti fondamentali.
Sono infatti ricche di proteine nobili, acidi grassi saturi e polinsaturi, sali minerali come calcio, fosforo, ferro e zinco, vitamine come la A, la D, la K e la B12. Contengono anche il temuto colesterolo: un uovo di medie dimensioni (circa 60 g) ne fornisce 220 mg, ma il Ministero della Salute Italiano consiglia anche a chi soffre di ipercolesterolemia di assumere uova, seppur nella quantità massima settimanale di 2 uova medie. Per tutti gli altri è consentito il consumo di massimo 6 uova a settimana, quantità che comprende anche le uova contenute nelle preparazioni che le prevedono.
Come scegliere uova rispettose della nostra salute, di quella delle galline e dell’ambiente?
Le uova ci parlano “in codice” ...e basta decifrarlo per sapere tutto di loro! Il codice più ricco di informazioni potenzialmente utili al consumatore, infatti, è forse proprio quello che ritroviamo sulle uova. Non sulla confezione, ma direttamente sul guscio. È una vera e propria carta d’identità dell’uovo: la nostra guida per una scelta consapevole.
Per fare subito un esempio pratico, un codice tipo potrebbe essere: 1IT032TV040. Vediamo che tipo di informazioni ci può fornire.
Il primo numero identifica il metodo con cui sono state allevate le galline ovaiole e va da “0” a “3”: il numero “0” identifica uova che sono prodotte da galline alimentate con mangime biologico che trascorrono all’aperto almeno un terzo della loro vita e hanno a disposizione uno spazio di 4 metri quadrati ciascuna. All’interno dell’allevamento la densità è di 6 galline per metro quadrato.
Il numero “1” (quello delle nostre uova-esempio) indica che le uova in questione sono prodotte da galline allevate all’aperto; oltre a poter razzolare all’esterno, ogni gallina ovaiola dispone di uno spazio di 2,5 metri quadrati dotato di nidi, trespoli e lettiere. In questo caso, la densità massima è di 9 galline per metro quadrato.
Invece, il numero “2” identifica uova prodotte da galline che non vivono in gabbia, ma sono allevate a terra in capannoni chiusi con una densità massima di 9 galline per metro quadrato.
Infine, uova con il numero “3” – che rappresentano la grande maggioranza delle uova in commercio – sono prodotte da galline allevate in gabbie con una ristretta superficie a disposizione per ciascuna. Fino al 2012, tale superficie era di 550 cm quadrati per gallina (per fare un semplice confronto: un foglio A4 ha una superficie di 624 cm quadrati); dal 2012 queste gabbie sono vietate e sono state sostituite da altre leggermente più grandi (750 cm quadrati) e dotate di lettiera. Le galline hanno cibo e acqua a volontà, ma hanno comunque pochissimo spazio per muoversi. Fra l’altro, le disposizioni del 2012 impongono ai produttori di detenere un numero massimo 350 capi a capannone, ma non viene impedito a un allevatore di utilizzare su uno stesso terreno più capannoni, per un totale di un numero di capi ben più elevato, con conseguente insostenibilità ambientale (oltre che implicazioni etiche).
Infatti, le deiezioni (dette “pollina” nel caso delle galline) generate sono ovviamente proporzionali al numero degli animali e devono essere smaltite regolarmente; solo una piccola quantità può essere immessa nel terreno con scopo fertilizzante, ma solo quella prodotta da galline allevate all’aperto. La pollina prodotta da galline ovaiole allevate in gabbia non è “palabile” ossia non è utilizzabile e deve essere smaltita in apposite centrali, in quanto altererebbe le proprietà del suolo stesso, con rischio di contaminazione anche delle acque.
Dopo il codice relativo alla tipologia di allevamento, c’è quello della nazionalità. Nel caso portato come esempio, l’uovo è stato prodotto in Italia (IT). Seguono poi il codice ISTAT del comune di provenienza e subito dopo quello che indica la provincia.
Infine, l’ultimo numero identifica l’allevamento e serve per garantire la tracciabilità, cioè per poter risalire – in ogni fase di “vita” commerciale delle uova – all’azienda di produzione. Pensiamo ad esempio ad un eventuale caso di intossicazione alimentare.
Dunque, abbiamo capito che – oltre al Paese di provenienza – è in particolare il primo numero del codice a fornirci l’informazione più importante e ci aiuta a dare un reale significato a scritte presenti sul packaging, quali “allevate a terra”, “biologiche” e “allevate all’aperto”, che saltano subito all’occhio e sulle quali spesso il consumatore più attento (non solo alla propria salute, ma anche alla qualità di vita delle galline) stabilisce la scelta.
Ma dal punto di vista nutrizionale, che differenze ci sono tra le uova di tipo “0”, “1”, “2” e “3”?
Uno dei parametri collegati alla freschezza di un uovo è la dimensione della sacca d’aria al suo interno, che con il tempo diventa più grande. È su questo fenomeno che si basa il noto test appannaggio delle massaie di immergere l’uovo in acqua e osservare il suo comportamento: se è molto fresco, esso rimane sul fondo, se ha circa una settimana resta immerso in piedi con la punta verso l’alto, mentre un uovo vecchio galleggia.
Alcuni studi hanno mostrato che nelle uova biologiche (tipo 0) la grandezza media della sacca d’aria risultava simile a quella delle uova da galline allevate all’aperto (tipo 1), ma più grande di quella delle uova di tipo 2 o 3. Tale caratteristica delle uova di tipo 0 o 1 potrebbe essere dovuta a un sistema inefficiente di raccolta delle uova oppure, molto più probabilmente – come suggerisce un ulteriore studio – a una permanenza più lunga delle confezioni sullo scaffale del supermercato: poiché queste uova sono le più costose, vengono acquistate da un minor numero di consumatori e hanno molto plausibilmente un turnover più basso.
D’altra parte, un noto studio ha mostrato che le uova biologiche presentano un maggior quantitativo di α-tocoferolo, importante molecola antiossidante. Ciò potrebbe essere dovuto al fatto che l’attività motoria delle galline aumenta la produzione di radicali liberi, che il loro organismo cerca di neutralizzare attivando un’adeguata risposta antiossidante ed è anche probabilmente legato al consumo di erba.
Dott.ssa Manuela Cimorelli, Dietista
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