Aggiunsi le due guardie all’elenco dei personaggi aggregati al gioco truffaldino. Per loro doveva essere stato un gioco da ragazzi. E io ero stato il solito babbeo. Il solito idiota senza speranza di guarigione. L’unica cosa che mi lasciava perplesso era il tempismo perfetto con il quale lei m’era apparsa davanti. Il vecchio mi aveva detto che avrebbe avuto una possibilità su un miliardo di azzeccarlo. E lei mi era apparsa proprio nel momento esatto. Quello sì… quello mi lasciò proprio perplesso. E poi, quella sensazione d’innocenza che emanava. Sembrava sincera. La sua carica sensuale, avvolgente, ipnotica. Il calore delle sue labbra che si percepiva ancor prima del contatto. Quel suo irresistibile magnetismo. La voglia di toccarla pur sapendo di non poterlo fare, e, meno male che non l’ho fatto, perché avrebbe potuto essere mia figlia. Così giovane eppure così attraente, determinata, innocente e maliziosa come solo certe ragazze possono essere. Poi quella bellezza. La bellezza che si può concepire solo in quei momenti di particolare ispirazione in cui perfino la natura riesce a superare sé stessa. Amo quella bellezza, è la mia condanna. Non riuscirò mai ad esserne insensibile. Non sapevo se dovermene vergognare ma sapevo che non potevo farci niente e qualsiasi correttivo a questo mio atteggiamento sarebbe stato rozzo, frustrante e artificioso.
Saltai la colazione, il corridoio e l'atrio che puzzava ancora di minestrone rancido. Presi il carruggio rincorrendo le mie preoccupazioni.
Il fruttivendolo era aperto e aveva già esposto in strada i suoi frutti fuori stagione importati dall'estero: ciliegie da incastonare, pesche da tenere in cassaforte e fragole preziose che sanno di container cinese.
L'edicola esponeva le prime pagine dei giornali locali e quelli nazionali in seconda linea, la benzina costava un occhio della testa e la Sampdoria era retrocessa in serie
B. Un cane stitico sembrava voler espellere gli occhi dalle proprie orbite nell’immane sforzo di cagare, la sua padrona bionda con una crescita vistosa di capelli bianchi, preparava un fazzoletto per pulire l'esito di quello che è il secondo modo migliore che conosco per iniziare una giornata.
I negozi di abbigliamento erano ancora chiusi.
Il Non-bar, invece, era aperto e la barista atarassica mi mise sul bancone un caffè che sapeva di sudore di cammello ammalato e manici di pentola bruciati, chiedendosi, probabilmente, perché la guardassi con aria sospettosa. Avevo ordinato un cappuccino ma me lo feci andare bene lo stesso. Se il buon giorno si vede dal mattino... La brioche non la presi perché era rafferma.
Percorsi con una fatica tremenda una salita che non finiva più, girai a sinistra, oltrepassai l'entrata laterale a nord del parco, lambì la serra bianca. Quella di Matilde. Non mi ci volle ancora molto per raggiungere la casetta della notte prima. I mozziconi delle candele consumate sul davanzale. La porta con l’arco scemo e la meridiana su cui notai una scritta: QUESTO FERRO FATAL CHE COL SOL L’HOR ADITA A NOI COL
L’HOMBRA SOL TOGLIE LA VITA. Non persi tempo a decifrarlo.
Schiacciai un vecchio pulsante tondeggiante nero, alla mia destra, che sembrava un campanello. Una... due... tre volte. Finalmente sentii un rumore di chiavi e chiavistelli dall'interno. Poi la porta si aprì e ne emerse una faccia pallida e scarna di un anziano dal naso aquilino, decisamente adunco:
“Sì?... Dica, cosa vuole?”, con l’alito marcio da piorrea.
“Buon giorno, sono un amico di sua figlia. Eravamo d'accordo di trovarci qui, deve darmi un libro!”
“Mia figlia?... E come fa a dire che sia mia figlia?” “Me l’ha detto lei!”
“Chiunque sia stata, quella persona deve averle dato un indirizzo sbagliato!”
“No no, glielo assicuro, l'ho conosciuta ieri sera, proprio qui davanti e mi ha detto di abitare proprio qui, in questa casa! Lei deve essere il papà, immagino!”
“Immagina male! Io non sono il suo papà e non lo sono mai stato di nessuno in vita mia... Almeno che io sappia!”
“Impossibile lei mi ha detto che...”.
“Come impossibile?... Vuole saperlo meglio di me?... A proposito... non sarà mica lei quel pazzo furioso che si è messo a sbraitare qui fuori ieri notte e che momenti mi
butta giù la porta a cazzotti? Ho dovuto chiamare la vigilanza per farlo arrestare... è lei?”.
“No, assolutamente! Io ieri sera non ero qui...”
“Veda di non farlo mai più sa? Che non succeda ancora una cosa del genere perché la prossima volta non chiamerò più la vigilanza, tiro fuori la mia pistola e le sparo io personalmente. Ha capito?... Mai più!”
Mi ha sbattuto la porta in faccia: che stronzo!
E adesso? Hai capito la tipa? C’era da immaginarselo!
E adesso so io dove beccarti mia cara. A casa del Mozart giardiniere, vediamo se ha avuto il coraggio di presentarsi al lavoro la gnoccolona balcanica, stronza e malefica. Al mio arrivo notai uno strano movimento davanti alla villa del mio cliente. Gente che stazionava davanti al cancello d'ingresso confabulando. Un paio di uomini vestiti bene stavano attaccando un’epigrafe alle sbarre del cancello principale:
È VENUTO IMPROVVISAMENTE A MANCARE ALL'AFFETTO DEI PROPRI CARI FAUSTO CALCAGNO. NE DANNO IL TRISTE ANNUNCIO IL FIGLIO FRANCO E I PARENTI TUTTI. I FUNERALI AVVERRANNO LUOGO DOMANI...
“Ma come? È morto il vecchio! Come... È morto? Ma... come è possibile?”
“Un infarto! C'è rimasto secco lì! Ah! Che bella morte... Ci farei la firma per andarmene così!”, disse uno dei due funzionari delle pompe funebri che stavano sistemando l'epigrafe.
“Lei lo conosceva?” Chiesi al becchino.
“Di persona no!... ma comunque era una persona molto conosciuta qui in città... Tutti conoscevano Il giardiniere. Lo chiamavano così. Non so perché... io sapevo facesse il musicista. Bah! Comunque da un bel po' di tempo non si vedeva più in giro, era su una sedia a rotelle. Dicono che fosse andato anche un po' fuori di testa... dicono!”
Andai spedito all'interno della villa attraverso l'ingresso ed entrai nello studio degli strumenti musicali dove era già stata allestita la camera ardente. Di fianco al feretro aperto c'era Franco, con l’espressione addolorata di chi perde il padre e vince al superenalotto nello stesso istante, dentro la bara, suo padre con la faccia serena, senza segni di sofferenza.
“Non se n'è neanche accorto!” sentenziò laconicamente.
“Condoglianze! Mi dispiace, sono costernato - non so mai cosa dire in queste occasioni – Ma com'è successo? Nulla lasciava presagire... sembrava in forma... mi spiace moltissimo... mi è bastata la chiacchierata di ieri per capire quanto fosse una persona speciale.”
“Sì... ha detto bene... era davvero una persona speciale.” “Com'è accaduto?”
“Il medico mi ha detto che si tratta di un infarto. Deve averlo colpito non molto tempo dopo che se n'è andato lei. Ero al telefono, poi l'ho chiamato, non mi rispondeva, l'ho trovato riverso sulla sua scrivania, pensavo che si fosse addormentato. Gli ho detto papà, andiamo a letto. E invece... aveva la testa appoggiata sul libro di cui le ho parlato la sera scorsa, ricorda? Quel libro nero che pensavo avesse sepolto con la marchesa e invece, si vede che ce l'aveva ancora lui. E vicino c’era questo spartito che aveva messo in cornice, sembra che l’abbia scarabocchiato. Non so cosa ci volesse scrivere... si vede che non ha fatto in tempo, non c'è scritto niente... guardi... niente. Pagine bianche! E quello spartito scarabocchiato.”
“Dove?”
“Qui, vede? Sembra abbia fatto delle stanghette.”
“È vero, non l’avevo notato… Posso dare un’occhiata a quel libro?” “Ma certo, faccia pure.”
“Potrei tenerlo per analizzarlo?”
“Non penso sia possibile, era una cosa a cui teneva molto.”
“Capisco, scusi la sfacciataggine. Ma glielo riconsegno domattina prima delle esequie, così potrà metterlo nella sua bara. La prego.”
“Non so a che pro. Non c’è scritto nulla. Comunque… Se vuole…”
Non senza un certo imbarazzo personale mi chiesi cosa potesse essere del mio contratto. Se Franco avesse ancora intenzione di andare avanti con l’impianto. Da una parte mi sentivo sollevato perché non dovevo giustificare al vecchio che fine avessero fatto gli orecchini.
Poi suo figlio si accostò a me e mi tolse d’impasse:
“A proposito... Di fianco a questo libro e allo spartito, c'era anche il suo contratto... deve avere fatto appena in tempo a visionarlo... Visto che gliel'aveva firmato!”
“Firmato?”, mi vergognai di quello slancio di felicità incontenibile, tradito dal tono della mia voce.
“Sì, firmato! Volevo dirle di non preoccuparsi, che intendo onorare fino in fondo quella che, evidentemente, era la volontà di mio padre di concludere l'affare con lei. Dovrete solo avere un po' di pazienza, temo che le procedure burocratiche per la successione vadano ad allungare un po' i tempi, ma, non si preoccupi, non essendoci bisogno di alcuna autopsia non si dovrebbe procrastinare di molto. Farò installare quell'impianto non appena possibile. Tenga, questa è la sua copia del contratto... Così anche lei avrà un buon motivo in più per ricordarsi di lui!”
“Mi creda: in ogni caso non me lo sarei dimenticato troppo presto!” “Già, faceva questo effetto su parecchia gente...”.
“E Medis?... Lo sa?... Dov'è Medis?”
“Medis non c’è. L'ho dimissionata stamane all'alba, quando è venuta a farmi le condoglianze. D’altronde non avremo più bisogno di una badante da ora in poi, purtroppo.”
“E non viene al funerale?”
“Mi ha detto che non può, che le dispiace ma sua madre si è sentita poco bene ed è dovuta correre da lei ad assisterla!”
“Come non può?... E dove abita sua madre?”
“Non lo so, non me l'ha mai detto. Non era una che si sbilanciasse troppo riguardo le sue informazioni personali.”
“È che avrei una cosa da dirle... Una cosa importante!”
“Mi spiace di non poterla aiutare!... E, francamente avrei altro a cui pensare adesso, se non le dispiace... Preferirei rimanere solo col mio dolore!”
“Ah!... Sì, sì... certo... Mi scusi!... È che dovevo proprio... Ma… Non fa niente!” “Onorerò il mio contratto con lei, stia tranquillo, si goda almeno lei questo successo, non stia ad arrovellarsi dietro una persona che magari non vuole essere rintracciata, e che forse non ha neanche il permesso di soggiorno nel nostro Paese... Mi capisce vero?”
“Ah! … È che io devo proprio trovarla! E poi non sono mica dell'ufficio immigrazione! Devo solo chiederle una cosa che per me è di vitale importanza!” “Qualcosa a proposito del contenuto di questa scatola vuota, per esempio?” “Come scusi?”
“C'era questa scatola vuota, sulla scrivania, accanto al corpo di mio padre. Prima di essere vuota, essendo una scatola, magari conteneva qualcosa. L'ultima persona ad avere visto mio padre in vita è stato lei, signor Luigi, ieri sera. Mi chiedevo se, forse, mio padre le avesse consegnato qualcosa che era contenuto in quella scatola ieri sera. Qualcosa che forse avrebbe dovuto essere restituito. È di questo che vuole parlare a quella ragazza?”
“No!... Era una cosa personale tra me e lei, tutto qui! Non so niente del contenuto di quella scatola. È la prima volta che la vedo. E, adesso che ci penso, non era poi così importante rintracciarla, quella ragazza.”
“Bene, stia attento ai dettagli, sono quelli che fanno la differenza, ricorda? E se dovesse venire a conoscenza di qualcosa inerente al contenuto di quella scatola... non esiti a contattarmi.”
“Certo, lo farò senz’altro, non vedo come potrei, ma ci conti pure.”
“La ringrazio per la sua... dolente partecipazione. Adesso, se permette...”
“Ma certo... Si figuri. Di nuovo condoglianze. Ci vediamo al funerale. Le riporto il libro.”
“Ah! A proposito, adesso che ci penso: Medis mi ha detto che il libro se lo può tenere lei, se nota, infatti, in calce leggerà la frase olografa di mio padre: “Luigi dopo di me”. Le donne notano tutto. Vada pure a casa, non c’è bisogno che presenzi al funerale. Come se l’avesse fatto. Grazie!”
Stetti ad assistere la Magnolia mentre il vento le strappava anche l'ultima delle sue foglie e smise di suonare. Era il segno che era proprio arrivato il momento di tornarmene a casa.
(Autore: Denti Pompiani Maurizio, tutti i diritti sono riservati.)
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