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Attualità | 03 febbraio 2021, 15:49

Effetto Covid: pensioni, le cancellazioni per decesso in aumento del 16%

Bilancio demografico: oltre 700mila morti e 400mila nati

Effetto Covid: pensioni, le cancellazioni per decesso in aumento del 16%

Nell’anno del Covid Pensioni, le cancellazioni per decesso in aumento del 16%. Annullate 862.838 prestazioni, 67mila unità in più delle nuove pensioni.

Per leggere con precisione la profondità dell’impronta lasciata dalla pandemia sulla popolazione italiana bisognerà aspettare le statistiche ufficiali sulla mortalità nel 2020 che Istat darà a fine marzo. Ma i dati amministrativi che via via ci arrivano confermano la dimensione senza precedenti della tragedia.

Inps l’anno scorso ha cancellato per avvenuto decesso 862.838 pensioni, il 16,1% in più (+121.697) di quelle del normalissimo 2019, quando le cancellazioni per causa morte si fermarono a 741.141. Stiamo parlando di tutti i tipi di prestazioni pagate da Inps, compresi gli assegni sociali, ad eccezione delle invalidità civili.

Nell’anno del Covid-19 le cancellazioni hanno superato le nuove pensioni entrate in decorrenza per 67mila unità, a fronte di un bilancio tra cancellazioni e nuove prestazioni che l’anno prima si era fermata ad appena 655 unità. Il numero di pensioni cancellate è fortunatamente inferiore a quello delle vite perdute, visto che oltre il 30% dei pensionati cumula nel nostro Paese più di una pensione (per esempio una pensione diretta e una di reversibilità).

I dati sono provvisori, lo ripetiamo, e vanno letti con le dovute cautele: mancano del trattamento statistico indispensabile per correggerne i ritardi di comunicazione o lavorazione di ogni singolo caso e non comprendono circa 14mila cancellazioni annue dovute non a decessi ma alla perdita dei requisiti da parte dei beneficiari: per esempio una vedova che si sposa di nuovo perde la pensione di reversibilità.


Il Segretario della FNP CISL  Emilio Didoné

 

Inps perfezionerà e pubblicherà queste statistiche con l’aggiornamento della banca dati a fine marzo e, successivamente, con l’aggiornamento del Casellario delle pensioni verso luglio e pubblicato ad ottobre. Ma al netto di queste cautele, anche le prime evidenze confermano quell’eccesso di mortalità già fotografato da Istat con Iss nei mesi passati e comparato la scorsa settimana da Eurostat a livello europeo.

Nei mesi di marzo e aprile 2020, quando le morti in eccesso rispetto alle medie registrate negli stessi mesi del quadriennio 2016 -2019 hanno superato in Italia il 40%, le pensioni cancellate per decesso da Inps hanno segnato un balzo quasi analogo: in marzo sono state 100.420, il 42,5% rispetto alle 70.458 dell’anno prima, e in aprile 85.273 (+35,4% contro le 62.956 cancellazioni dell’aprile 2019).

 

L’andamento delle cancellazioni, che nei mesi successivi si è stabilizzato attorno alle 60mila unità tornando più o meno in linea con quelle del 2019, è poi nuovamente schizzato sopra le 90mila unità nei mesi di novembre (+ 51,9% rispetto a novembre 2019) e dicembre (+42,8% rispetto a dicembre 2019), quando si è innescata la seconda ondata delle infezioni, che i dati più recenti già ci confermano essere ben peggiore della prima ondata.

Antonietta Mundo, attuaria, ex capo delle Statistiche Inps, un paio di giorni fa ha elaborato una nuova proiezione dell’eccesso di mortalità 2020 per l’intera popolazione, pensionati e non: potrebbero essere attorno al 14,3%, con 90.850 decessi in più rispetto ai 634.417 morti del 2019 comunicati da Istat. Il 2020 si sarebbe chiuso con 725mila decessi, una stima vicinissima a quella ipotizzata ieri dal presidente dell’Istituto di statistica, Gian Carlo Blangiardo (si veda articolo in pagina).

L’anno scorso i flussi di pensionamento conteggiati dal Coordinamento statistico e attuariale dell’Inps hanno registrato 795.730 nuove decorrenze (+7,4% rispetto al 2019), con un netto incremento delle pensioni di vecchiaia (255.813 contro le 156.995 dell’anno prima), mentre sono diminuite quelle anticipate (277.544 nel 2020, 299.770 nel 2019). Un’altalena che con il Covid non c’entra nulla: semplicemente nel 2019 erano aumentati di cinque mesi (da 66 anni e 7 mesi a 67 anni) i requisiti anagrafici, che invece sono rimasti immutati nel 2020, per la pensione di vecchiaia, un canale di uscita utilizzato in prevalenza dalle donne. Pensioni di vecchiaia e anticipi l’anno scorso sono tornati così in pareggio soprattutto per il flop di “Quota 100”. Ma questa è un’altra storia, come lo è il progressivo aumento delle pensioni femminili, che sono passate da 104 ogni 100 pensioni maschili del 2019 a 122 nel 2020. Sono normalità cui speriamo di ritornare al più presto grazie alla campagna vaccinale in corso.

BILANCIO DEMOGRAFICO
Oltre 700mila morti e 400mila nati. Il presidente dell’Istat Blangiardo: saldo naturale a – 300mila, come nel 1918

«Nella demografia di questa Italia del 2020, due sembrano essere i confini simbolici destinati a infrangersi sotto i colpi del Covid -19 e dei suoi effetti, diretti e indiretti: il margine superiore dei 700 mila morti – oltre il quale nell’arco degli ultimi cent’anni ci si è spinti giusto all’inizio (1920) e quindi nel pieno dell’ultimo conflitto mondiale (1942-1944) – e il limite inferiore dei 400 mila nati, una soglia mai raggiunta negli oltre 150 anni di Unità nazionale».

È quanto ha scritto ieri il presidente dell’Istat, Gian Carlo Blangiardo. Il doppio risultato negativo, che Istat renderà noto nelle prossime settimane, determinerà un valore negativo del saldo naturale oltre le 300 mila unità: «Un risultato – scrive Blangiardo – che, nella storia del nostro Paese, si era visto unicamente nel 1918, allorché l’epidemia di “spagnola” contribuì a determinare circa metà degli 1,3 milioni di decessi registrati in quel catastrofico anno». Le valutazioni del presidente dell’Istat sono basate sui dati forniti dall’Anagrafe della popolazione residente.

Riguardo ai decessi, in particolare, la prospettiva è di 726mila casi su base annua, per una media giornaliera di 1.990 morti. Con un aumento di 223 unità rispetto al quinquennio precedente; in linea con il dato ufficiale delle circa 200 persone mediamente decedute ogni giorno in corso d’anno per Covid. Sul fonte delle nascite, l’ipotesi basata su dati ancora provvisori è che l’anno si sia chiuso tra un minimo di 398mila nati e un massimo di 402mila.

Articolo tratto dal sito partner www.ticinonotizie.it

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