“Mi sembra follia pura. Ci sono delle persone che pur di guadagnare visibilità sono disposte a negare l’evidenza, a dire qualsiasi cosa, anche la più assurda, calpestando la dignità e la memoria delle persone”. Così all’Adnkronos don Matteo Cella, curato di Nembro, il paese della Bergamasca diventato simbolo della prima ondata di Covid, commenta il tweet del giornalista Tommaso Montesano, in cui vengono accostate l’immagine delle bare di Bergamo trasportate sui camion dell’Esercito al falso comunicato delle Br durante il rapimento di Aldo Moro.
“Su quei camion c’erano persone, parenti. C’erano nomi e cognomi. I dati sulla mortalità li conosciamo. Immaginare di poter fare della speculazione su un dato di realtà così forte mi sembra che abbia veramente dell’incredibile. È ancora più grave se a farlo sono delle persone che hanno una responsabilità pubblica, come un giornalista”, osserva don Matteo, riferendo di aver ricevuto oggi telefonate e messaggi da molti che hanno perso i propri cari. “Mi dicono: ‘Non permettiamo di calpestare la memoria, perché per quanto sia dolorosa, è importante'”.
“Perfino nel nostro territorio – prosegue il prete di Nembro – questi ultimi mesi così stancanti hanno creato delle posizioni strane. Anche qui c’è chi non ne può più del Covid e si allea con posizioni estremiste. Certo custodire la memoria e avere consapevolezza di quello che è stato diventa ancora più necessario”.
Verrà aperta nelle prossime ore dalla procura di Bergamo una indagine nei confronti di Tommaso Montesano, il giornalista di Libero autore del tweet con cui ha paragonato la tragedia delle bare dei morti per il Covid della Bergamasca trasportate dai camion dell’esercito al caso del “lago della Duchessa” ai tempi del sequestro Moro. L’iscrizione di un fascicolo dopo una denuncia, come è questo il caso, è pressoché automatica. Da quanto è stato riferito in ambienti giudiziari il reato, come minimo, è diffamazione aggravata come ipotizzato nella querela presentata dai familiari delle vittime.