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Lifestyle | 05 giugno 2023, 12:12

"Diafano Opaco", il diciottesimo capitolo del romanzo online di Maurizio Denti Pompiani

Ph. Maurizio Denti Pompiani©

Ph. Maurizio Denti Pompiani©

Il vecchio, visibilmente emozionato, infilò una mano dietro un grosso volume, in un punto qualsiasi della lunghissima libreria stipata, armeggiò sulla porta di una piccola cassaforte, la aprì ed estrasse una scatola di lacca nera birmana sul cui coperchio c’erano fiori rossi, foglie verdi e rami marroni intrecciati e poi uccellini colorati con il becco intarsiato in madreperla. Era molto agitato, gli tremavano le mani.

“Qui dentro c’è l’unico orecchino esistente della marchesa Matilde. L’u-ni-co capisce?”

“Non lo sapevo ce l’avesse lei!”

“Infatti non lo sa nessuno, tranne mio figlio, naturalmente, il quale non conosce la combinazione della cassaforte.”

“E lei come ne è venuto in possesso?”

“Lo trovai al parco e glielo portai a Matilde la quale ne fu molto grata, naturalmente, ma disse che senza l’altro non se ne sarebbe comunque fatta niente e me lo regalò, o meglio, a dire il vero mi disse di tenermelo... Una sorta di tacito accordo di custodia nell’eventualità remota di ritrovare l’altro. Ma l’altro non fu mai trovato. MAI! Capito? Questo è l’unico esistente. Ora capisce l’errore che hanno fatto?”

 

Continuò a indicare la scatola picchiettandola ripetutamente col dito indice della mano destra.

 

“Francamente no!”

“Anche se non so come sia venuto in possesso della combinazione della cassaforte, mio figlio è l’unica persona che può avere avuto accesso a questo orecchino e lo hanno usato con lei per rendere più realistica la loro messa in scena. Ma hanno fatto un errore: Medis l’ha perso. In questo caso è come perdere i propri documenti nella casa che si sta svaligiando! Questa scatola vuota le confermerà quanto le sto dicendo!” Il vecchio era tutto sudato.

“Ma, a questo punto, se è come dice lei, la ragazza avrebbe dovuto riprenderselo quando gliel’ho riportato, per potere rimetterlo tranquillamente nella cassaforte, all’occorrenza, senza che lei si accorgesse di nulla. Il loro scopo sarebbe stato raggiunto comunque e senza rischi. Mah! Il punto è che io l’ho ritrovato e quando le ho proposto di restituirglielo l’ha rifiutato. Proprio come fece Matilde con lei. E usando le sue stesse, identiche, parole. Come faceva a saperle? Quindi, capisce che faccio fatica a pensare ad un errore. Secondo me, invece, la ragazza voleva che io lo tenessi proprio sapendo che l’avrei mostrato a lei. Voleva che glielo restituissi forse? E perché?”

 

Il vecchio come in preda ad una inquietante rivelazione aprì la scatola di scatto e rimase come una statua di sale. La scatola non era vuota. Quell’orecchino era ancora lì dove non avrebbe dovuto essere. 

Titubante e visibilmente sconcertato il vecchio accostò, guardandoli intensamente, i due orecchini finalmente insieme. 

Disse, con un filo tremolante di voce:

 

“Mah… Come?”

 

Visibilmente sotto shock cominciò a ripetere sempre quella frase come in preda ad una crisi paranoica. Era terrorizzato, sentivo che la situazione mi stava sfuggendo di mano. Chiamai suo figlio per farmi aiutare, per chiamare i soccorsi ma il vecchio mi zittì e si fece dare due pastiglie di un calmante di cui mi indicò l’ubicazione in un cassetto della pesante scrivania in noce. Poi si calmò ma non senza fatica.

 

“È tornata… è tornata… è tornata…” Lo diceva tra sé e sé, senza darmi più retta.

“Tornata chi? Riesce a spiegarmi cosa è successo? Signore, lei mi sta mettendo paura. Si sente bene?”

 

Alla mia affermazione, s’interruppe e alzò lentamente i suoi occhi opachi verso di me, con aria di profonda rassegnazione:

 

“Abbiamo entrambi i suoi orecchini. Ora lei verrà a prenderseli! Non era una messinscena. Mio figlio non c’entra nulla e lei ha incontrato veramente un fantasma.”

“Ma, andiamo, signor Calcagno, adesso non crederà mica a queste cose… i fantasmi non esistono… è evidente che si tratti di una macchinazione fraudolenta ai suoi danni, l’abbiamo appena appurato no? Non si faccia prendere dalla suggestione, così fa il loro gioco e…”

“Ma quale gioco? Ma non capisce? Questi due orecchini non sono mai stati insieme da un secolo e adesso lo sono. Se questo risultasse originale…”

“Lo è. L’ho fatto vedere da un esperto, quando l’ho trovato.”

“Ecco! A posto siamo!” Disse il vecchio massaggiandosi nervosamente la nuca. “Quel segnalibro – segnò sbrigativamente me – era il suo preferito, era quello che teneva gelosamente custodito nel suo libro. Quella ragazza gliel’ha dato perché me lo mostrasse, ovviamente. È il segnale che lei verrà a consegnarmelo personalmente. Era negli accordi e lei manteneva sempre la parola data.”

“Intende il libro?”

“Certo, e cosa, se no?”

“Quella ragazza era Medis, la sua badante, non è un fantasma, tutt’altro. La vogliono truffare.”

“Ma truffare su cosa? L’impianto fotovoltaico è in mano a Franco, io ci metto solo la firma, ma il budget è in mano sua, i soldi se li prende e gestisce lui. Vuole farmi interdire e prendersi tutto? Va bene, basterebbe chiedermi di farmi da parte e se ne potrebbe parlare civilmente e poi lui non ha mai manifestato nessuna intenzione in tal senso. Molto più comodo stare al di fuori di certe responsabilità… i frutti sono più buoni se l’albero te lo innaffia qualcun altro. Alla luce degli ultimi eventi, tutto ciò non ha senso. Tutte le nostre teorie pregresse sono rumenta. Se fossi al suo posto mi chiederei, piuttosto, perché Matilde abbia coinvolto anche lei in questa storia.”

“Infatti me lo chiedo da un po’ e, a questo punto, l’unica spiegazione che potrei darmi sarebbe altrettanto esoterica della sua teoria.”

“E sarebbe?

“Lei ha avuto una figlia che si chiamava Matilde e che è scomparsa all’età di ventiquattro anni? Mi dica che non è vero. Che rapporti aveva con la signora Magda Lunigiani?”

“Un rapporto che abbiamo sempre tenuto segreto, perché, in realtà Magda non era mia moglie, capisce? Era un’amica, diciamo così. Chi gli ha detto che Matilde era mia figlia?”

“Me l’ha detto indirettamente Magda stessa, me lo sta confermando involontariamente lei. Quando incontrai la signora Magda nel parco, mi ha detto che stava cercando il fantasma di Matilde mentre io cercavo Medis. Adesso, a questo punto, comincio a pensare che stessimo cercando la stessa persona.”

“Matilde… e poi venne Franco. Non eravamo neanche sposati. Quella donna ha passato la vita rinfacciandomi la colpa della sua morte. Lo sa il Signore quanti soldi mi è costata. Ma non le bastavano mai. Erano sempre a batter cassa sia lei che quella drogata di sua figlia. Dopo la sua morte lei se ne andò incolpandomi dell’accaduto, come se ad ammazzarla fossi stato io. Mi lasciò con Franco che aveva appena pochi mesi. Un vero incubo, mi creda.”

“Per questo non ha presenziato ieri al suo funerale?”

“Lasciamo perdere… Torniamo a noi. Dove eravamo rimasti?”

“All’ipotesi incorporea. Che ora mi sembra, paradossalmente, la più plausibile. Mi lasci indovinare, sua figlia è morta trentun anni fa vero?”

“Gliel’ha detto Magda anche questo?”

“No. Lo so perché io e sua figlia, da piccoli, siamo stati compagni di gioco. Piccolo il mondo eh? Pare che la ragazza che ho incontrato al parco sapesse anche questo. È mai possibile? Potrebbe, la sua badante, essere venuta a conoscenza di queste informazioni?”

“Non vedo come.”

“Perché non fa venire qui la sua badante? La faccia venire qui e fughiamo ogni dubbio, glielo dico subito se è lei, in tal caso, magari in compagnia del suo amico commissario, vediamo cosa ci racconta e ci facciamo consegnare il libro senza perdere gli orecchini. Semplice no?”

“Non c'è, è tornata in Lituania con la scusa della mamma ammalata, un classico.”

“Beh!... avrà il suo numero di telefono, la chiami, verrà senz’altro!”

“È tutto il giorno che ci provo, il suo telefono risulta irraggiungibile!”

“Una foto? Ce l’ha una sua foto almeno?”

“No, nessuna foto.”

“Un profilo social?”

“Nulla che io sappia.”.

“Ma guarda caso! E allora come facciamo?”

“Se mi ascolta le dico quello che intendo fare, con il suo aiuto.”

“Va bene mi dica.”

“Facciamo semplicemente come vogliono loro: consegniamo quegli orecchini e ci facciamo dare il libro.”

“Perché? Le hanno chiesto di effettuare questo scambio?”

“No. Ma presumo che qualcuno lo farà”

“Però non è ancora avvenuto.”

“Secondo me – fece il vecchio – se ritornerà al parco, quella ragazza, Medis o chiunque essa sia, le proporrà proprio questo. Loro vogliono gli orecchini e, non potendo rubarli, vogliono che sia io, spontaneamente a consegnarglieli. Quelli valgono molto di più della mia azienda e di quell’impianto fotovoltaico.”

“Eh, certo. Grande. Complimenti, non ci avevo pensato. E io che cominciavo a credere veramente ai fantasmi. Ma, allora, non può aspettare che Medis faccia ufficialmente ritorno dalla Lituania per incastrarla come le ho appena detto io scusi?”

“Il punto è che, se non avviene lo scambio, Medis non tornerà, perché si renderà conto di essere stata smascherata. Nessuna prova della complicità di mio figlio e, in più, io non avrò il libro, naturalmente.”

“Se invece lo scambio avvenisse, però, noi non potremmo denunciarli perché, in tal caso, avremmo agito secondo la nostra spontanea volontà.”

“Anzi, forse l’essere denunciati è proprio quello che auspicano per farmi interdire…”

“Certo! Perché dovrebbe ammettere pubblicamente di aver creduto ai fantasmi.”

“Qui la genialità dell’operazione. Chapeau!”

“Un ultimo dubbio.”

“Dica”

“Che interesse avrebbe suo figlio a truffarla? Avrebbe tutto, orecchini, impianto, soldi e ditta. Perché truffare lei, suo padre?”

“Ha dimenticato l’ascendente della parte femminile sul maschio e mio figlio lo è. Dalle nostre parti si dice che tira più un pelo di…”

“Sì… si dice anche da noi!”

“Seguendo la leggenda, che fino ad ora hanno seguito pedissequamente, dovrebbe essere la Marchesa in persona a consegnarle il libro in cambio dei suoi orecchini. Come potrebbe Medis proporre a me uno scambio?”

“Lei ha detto che tornerà per consegnarmi il libro. Non mi ha detto come.”

“In ogni caso, stando alla leggenda lo scambio dovrebbe avvenire nel prossimo giorno di pioggia, perché lei appare solo nei giorni di pioggia, e… Guardando adesso il meteo… Non si prevede pioggia per tutta questa settimana e poi non si sa ancora per l’altra. Mi sa che dovrà aspettare.”

“Potrebbe succedere stanotte, invece. E lei potrebbe aiutarmi.”

“Io? E in che modo?”

“Andando al parco in cerca di fantasmi.”

“Ma questa notte è sereno. La leggenda parla chiaro, lei appare solo nei giorni di pioggia; almeno, fino adesso hanno fatto così. Rischierebbero di riacquistare credibilità se non lo facessero! Per me stasera Matilde non viene.”

“Matilde?”

“Ma sì: Medis… Matilde… Quella là insomma!”.

“Certo che Medis non verrà! Non può venire!”

“E quindi?”

“Medis non può venire ma Matilde sì.”

“Non la seguo più”

“Le faccio una grossa confidenza in esclusiva: quelle pietre non diventano verdi solo nei giorni di pioggia. Lo diventano anche un solo giorno dell’anno, con la luce della luna piena e solo a una certa ora, che cambia a seconda delle stagioni perché dipende dall'inclinazione della luce incidente. Questo non lo sa nessuno, neanche mio figlio, lo so soltanto io e adesso lei. Ed è anche l’unica occasione in cui il fantasma, secondo la leggenda naturalmente, sarebbe diciamo così: costretto ad apparire. Stanotte c'è la luna piena, la stagione è giusta e i meteorologi danno sereno. Per calcolare l’ora esatta in qui avverrà questa congiuntura astrale ci vorrebbe un astronomo. Oppure un fantasma.”

“Ha detto che questo particolare lo conosce soltanto lei?... Sicuro che non lo sappiano anche loro?”

“Assolutamente sicuro.”

“E se mi pedinassero? Sarebbe semplice, mi seguono all’interno del parco e appaiono quando vogliono. Tanto sanno benissimo che neanche io saprei l’ora esatta di un’eventuale apparizione.”

“E no, caro. Lei ha gli orecchini che le diranno il momento esatto in cui dovrebbe apparirle il fantasma. Nei giorni di pioggia per loro è stato facile indovinarlo. Ma adesso, anche se fossero a conoscenza di questo fatto, ipotesi del tutto inverosimile, avrebbero una possibilità su un milione di azzeccare il momento giusto in cui la pietra diventa verde. Senza orecchini non ce la possono fare.”

“Per cui, per farsi passare per fantasma quella tizia dovrebbe indovinare il momento esatto. Quindi questi orecchini sarebbero come un semaforo, verde è il fantasma, non verde è la badante!”

“Esattamente così!”

“Ma questo non cambierebbe nulla ai fini di un eventuale addebito penale, escluderebbe solo l’esistenza di un fantasma in questa storia. Il parco a quell’ora sarà chiuso. Perché dovrei rischiare una denuncia per violazione di proprietà privata solo per dimostrare quello che sappiamo già?”

 

I suoi occhi mi fissarono vulnerabili e disarmati. Spade di un'insospettabile eloquenza al servizio di una lucidità e presenza di spirito ancora presenti, da difendere a ogni costo. Un vecchio guerriero d'altri tempi, austero e fermo nel suo intento di difendere il proprio onore prima ancora dei propri averi.

 

“Lei non ha escluso del tutto l'ipotesi del fantasma, vero? Ha come un presentimento... Certo!... Una percezione diversa. Altrimenti come avrebbe potuto concepire un Alberofono?”

“E lei non è molto diverso da me, a quanto pare, se ha in tasca quel segnalibro è perché è stato invitato alla festa.”

“Non so se esserne lusingato o disperarmi.”

“Faccia molta attenzione a non essere pedinato. Il parco sarà chiuso per cui dovrà scavalcare, esiste un punto, a fianco del cancello principale, in cui il compito le sarà più agevole. Ma è anche il punto più esposto. Attenzione: ho detto più agevole, non facile. Stia attento ai metronotte, potrebbero scambiarla per un ladro, o un drogato, si muova con molta cautela e ricordi che ha con sé gli orecchini. Si diriga verso la panchina a Sud Ovest. Tenga d’occhio costantemente il colore delle pietre, è molto importante che lo faccia continuamente. Faccia attenzione, mi raccomando ad eventuali tossicodipendenti. Se ha ragione lei, e cioè i fantasmi non esistono, allora non si presenterà nessuno. Ma se si presenterà qualcuno quella sarà sicuramente Matilde. Non si faccia prendere dal panico faccia solo quello che le dice e se le dovesse chiedere gli orecchini glieli dia pure e si faccia consegnare, in cambio, quel libro. Mi faccia questo favore e, come ricompensa, le farò avere domattina stessa il suo contratto... firmato. Qualsiasi sia l’esito della sua incursione.”

“E se si presentasse veramente Matilde? Lei non ha paura di questa ipotesi?”

“Mi creda: si arriva ad un’età in cui i fantasmi non si temono, si aspettano.”

“Potrebbe esserci il rischio che io possa venire assassinato?”

“Solo se qualcuno sapesse il valore di ciò che ha in tasca. Ma lo sappiamo solo io e lei. Stia in campana, comunque.”

“Sono venuto a vendere pannelli fotovoltaici e mi ritrovo investigatore privato! No, no, guardi, lasci stare, io non ci vado. Non sono mica il tipo adatto per fare certe cose, io me la faccio sotto! Non so se me la sento! E poi non sono in grado…”.

“Non posso biasimarla, al suo posto avrei paura anch'io. D'altronde quanto può valere, per lei, la mia firma su quel contratto? Cinquanta... sessantamila? Tenga presente che ci sono uomini che rischiano tutti i giorni la loro vita per molto meno!”

“Già... però io o divento un fantasma o, nella migliore delle ipotesi, ne incontro uno!”

Il vecchio accennò un sorriso:

“Non mi ha ancora detto se accetta o no!”

“Lei si fida bene a darmi quegli orecchini sulla parola, chi le dice che io non me la fili con il malloppo in tasca?”

“Il sesto senso!”

“Già… Ovvio!”

“E poi, quel qualcosa mi dice che, a questo punto, è più curioso lei di me di conoscere l’identità, o meglio l’entità, di questo... essere. Anche se per un motivo diverso dal mio!”

“Qualcosa le dice eh? Va bene... io ci provo. Ma non le assicuro niente! Se lo sa Paola mi ammazza. Penso che sia ora che io vada. Le auguro una buonanotte. Porga i miei saluti a suo figlio.”

 

Misi gli orecchini in tasca. Percorsi la grande sala verso la porta di mogano scuro e ne impugnai il gelido pomello di ottone.

 

“Buonanotte a lei! Ci vediamo domani allora. Con gli orecchini, naturalmente.”

“Già... domani... speriamo... a proposito…”

“Dica!”

“Cosa c'è scritto in quel libro vuoto?”

“Dipende…”.

“Dipende… in che senso?”

“Nel senso di niente che si possa leggere!”

“Del tipo che un libro senza una storia le contiene tutte?”

“Lei tenga sempre presente che, in uno spartito musicale, anche i silenzi fanno parte della musica. Le pause, a volte, sono più importanti delle note.”

 

Aprii la scura porta massiccia e ne oltrepassai la soglia lentamente, annuendo con la testa, mentre la sua voce mi raggiunse ancora da dietro:

 

“Da quando ha capito che quella ragazza non era una pazza?”

“E cosa le fa dedurre che io non penso che lo sia?”

“Perché non avrebbe mai accettato di andare in quel parco stanotte.”

“Da quando l’ho vista piangere.”

“I pazzi non piangono?”

“Certo che lo fanno! Ma dove i pazzi trovano un motivo per piangere ne trovano almeno un altro per ridere. E di motivi per ridere, nel suo sguardo, non ne ho trovato nemmeno uno. Per questo temo che quella lì non sia pazza. E, come lei, purtroppo, non è solo questo che temo di lei. Dalla prima volta che l'ho vista. Si rende conto che ci stiamo comportando da pazzi per tentare di convincerci che non lo siamo?”

“Ma l’alternativa sarebbe il dubbio di esserlo!”

 

Spostò lo sguardo a terra poi lo rialzò verso di me:

 

“Mi tolga un’ultima curiosità.”

“Dica”

“Lei è un uomo sposato che ha raggiunto ormai un’età matura. È consapevole, intelligente e razionale. Cosa l’ha spinto, secondo lei, a perdere la testa così follemente per una ragazza molto più giovane di lei che neanche conosce?”

 

Il suo sguardo smorzò immediatamente il mio istintivo tentativo di negare la sua deduzione come un’offesa alla sua intelligenza:

 

“Me lo sono chiesto anch’io, continuamente, in questi giorni. Penso che il motivo sia che penso di avere il diritto di essere amato e soprattutto di amare qualcuno. Ha presente il bisogno di amare veramente, incondizionatamente, qualcuno? Me lo sono legittimato con quello.”

“Capisco… A proposito, c'è un'ultima cosa che volevo dirle: mio figlio non fuma sigari!”

 

Tirai un sospiro profondo

 

“Viva l’Italia!”

 

Il cancelletto elettrico si aprì pochi passi prima che lo raggiungessi.

I lampioni pubblici vomitavano una luce satinata che raffreddava l'asfalto.

Il vento aveva la voce rauca di temporali lontani.

Il rumore secco dei miei passi rimbalzava sulle pareti alte e ravvicinate del carruggio e ogni tanto mi giravo indietro con la netta sensazione di essere inseguito.

Dentro di me il gelo di un profondo sentimento di paura.

La paura che non rasserena, di una consapevolezza condivisa.

Autore: Maurizio Denti Pompiani©

maudenpo@gmail.com

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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