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Eventi | 25 marzo 2024, 12:41

Alessandro D’Avenia, Ulisse, Bellezza e stupor mundi: 700 persone incantate, ad Abbiategrasso. Un successo incredibile per Beatrice Poggi e Umane Connessioni

Serata di quelle da ricordare per lungo tempo, venerdì sera. Un viaggio, un'Odissea...Ulisse che parla all'uomo del ventunesimo secolo

Alessandro D’Avenia, Ulisse, Bellezza e stupor mundi: 700 persone incantate, ad Abbiategrasso. Un successo incredibile per Beatrice Poggi e Umane Connessioni

“L’uomo ricco d’astuzie raccontami, o Musa, che a lungo errò dopo ch’ebbe distrutto la rocca sacra di Troia; di molti uomini le città vide e conobbe la mente, molti dolori patì in cuore sul mare, lottando per la sua vita e pel ritorno dei suoi. Ma non li salvò, benché tanto volesse, per loro propria follia si perdettero, pazzi!, che mangiarono i bovi del Sole Iperίone, e il Sole distrusse il giorno del loro ritorno. Anche a noi di’ qualcosa di queste avventure, o dea, figlia di Zeus”.

Millenni di letteratura, di storia, di evoluzioni, guerre, scoperte. Eppure l’uomo, anche quello’incistato’ nella post modernità, nel post nichilismo, cento e più anni dopo Nietzsche, rimane ancorato a poche, essenziali domande. Alla sete d’assoluto di cui parlava Platone. Venerdì 22 marzo la città, ma meglio sarebbe dire la comunità di Abbiategrasso si è come fermata (‘presa per incantamento’, avrebbe detto il poeta..), avvinta dalle parole di Alessandro D’Avenia, dalla sua proverbiale capacità di ‘sentire’, prendere per mano il pubblico- 700 persone- e condurlo attraverso i perigliosi, ma affascinanti, sentieri letterari.

La rassegna Umane Connessioni, voluta dal vicesindaco Beatrice Poggi assieme a gruppi, associazioni e realtà cittadine, ha toccato senza dubbio il suo punto più alto. Merito dell’intuizione iniziale, primigenia diremmo, e della capacità di fare rete, sintesi, comunione.

Straordinaria l’organizzazione garantita dall’ufficio Cultura del Comune di Abbiategrasso e dall’oratorio san Giovanni Bosco. Le persone, come se rapite per tutta la durata dell’incontro, sono state introdotte dalla partecipazione dei ragazzi e delle ragazze dell’oratorio, che hanno cantato una bellissima, intensa canzone dei Mumford & Son, ‘Awake my soul’, sulla quale D’Avenia si è poi soffermato.

L’autore Mondadori che nel 2010 colse il clamoroso successo di Bianca come il latte rossa come il sangue ha presentato (ma in realtà detto e fatto molto di più) l’ultima sua opera, Resisti cuore, un affascinante viaggio sull’Odissea e l’arte di essere.. mortali.

Alessandro D’Avenia, docente di materie classiche al collegio San Carlo di Milano, si è dapprima intrattenuto a cena con Beatrice Poggi ed alcuni amici, entrando in relazione diretta con uno studente di Conservatorio, parlando della tensione ideale di un qualsiasi insegnante (chiamato a ‘incarnarsi’), ha apprezzato i vini della sua terra nativa sorseggiati insieme, Etna Bianco e Passito di Pantelleria (la Sicilia è una iperbolica terra di grande, anzi immensa viticoltura).

Di lui non colpiscono soltanto l’assoluta padronanza del linguaggio, la capacità di muoversi negli spazi, l’eloquio, la capacità di tenere avvinto l’ascoltatore alla sua ‘narrazione’. No, si tratta a nostro avviso di aspetti importanti ma non primari. Dopo averlo conosciuto e sentito per la prima volta dal vivo (parlo ovviamente del sottoscritto), l’impressione è quella di un fiume carsico, di un moto perpetuo, ideale e valoriale, che D’Avenia smuove ogni volta che affronta i temi, anzi diremmo la carne viva, del tema educativo. Della Bellezza. Della lezione senza tempo che ‘promana’ dalla classicità.

La vita non è un’odissea, ma è l’Odissea. Questo sostiene Alessandro D’Avenia nel suo libro “Resisti, cuore. L’Odissea e l’arte di essere mortali” (Mondadori). Un po’ saggio letterario, a tratti romanzo autobiografico, brillante guida alla lettura del poema omerico. Comunque pagine di palese entusiasmo e stupore verso quest’opera fondamentale della cultura classica occidentale che, a detta di D’Avenia, ad ogni lettura (lui, in veste di insegnante, ne svolge ogni anno scolastico la lettura integrale, a voce alta in classe) risulta nuova e più ‘attuale’ di un qualsiasi giornale quotidiano.

“L’Odissea è un setaccio che trattiene l’oro disperso nel flusso di opere e giorni della nostra esistenza, che non equivale alla somma dei minuti che vivremo, e nemmeno alle formule in cui di volta in volta cercheremo di ingabbiarla per averne meno paura. E cos’è allora vivere? La speranza di venire alla luce del tutto e darne (rac)conto al mondo. Ciò che i Greci, i quali della luce del Mediterraneo fecero la loro religione, chiamavano alètheia. Una parola composta dalla a- della privazione seguita dalla radice lath-, che indica perdita di memoria più o meno volontaria: dalla disattenzione all’oblio, dalla fuga al sonno; dalla stessa radice viene infatti la parola “letargo”. Alètheia è quindi vita che viene alla luce perché sottratta all’oscurità della dimenticanza, della menzogna, della morte.

«Oggi per noi la morte è qualcosa da scongiurare, i greci invece l’avevano davanti agli occhi tutti i giorni e si chiedevano cosa resterà per sempre nel contino fluire delle cose» dice il professore, sottolineando che per lottare contro la morte basta essere animali. «Noi lottiamo per mangiare e dormire, ma questo ci serve a sopravvivere. L’umano invece ha bisogno di più, deve vivere sopra». E cita la Pala dell’Assunta di Tiziano nella Basilica dei Frari: <gli style="box-sizing: border-box; ">“Non trovavo più vita dentro e fuori di me, così ho pregato come chi non ha e non può niente, come uno appena venuto alla luce e che può solo ricevere, come uno in cui l’ora presente e l’ora della morte coincidono; e ho scoperto che quell’unica ora era l’ora di nascere. E come una risposta, mi è venuta incontro l’Odissea: per capire chi ero quando non ero più chi credevo di essere dovevo ricevermi da qualcun altro che mi conosceva e amava più di quanto io mi conoscessi e amassi. L’Amore era la fonte dell’essere che mi mancava. L’ho invocato davvero, per la prima volta. L’uomo donami, Amore. Fammi nascere di nuovo. Fammi chi sono. Fammi tornare alla luce. Ulisse tornò re solo dopo esser stato un naufrago e un mendicante che chiede un tozzo di pane. Ulisse divenne naufrago e mendicante anche di se stesso. L’Odissea è la risposta a una preghiera, a una richiesta d’amore. Ogni odissea lo è. Ora e nell’ora della nostra nascita”.</gli>

Resisterà per lungo tempo nelle menti di chi c’era (e per sempre nei cuori), l’incontro con Alessandro D’Avenia. Se fosse solo per questo, varrebbe la pena di dire GRAZIE al Comune di Abbiategrasso e a Beatrice Poggi. Ma sappiamo, novelli Ulisse che cavalcano le onde dell’oggi, che è per una ragione, anzi una Ragione, ben più grande dell’emotività di una sera.

Fabrizio Provera

da Ticinonotizie.it

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