Il primo Maggio, dopo quasi un mese di proteste, avrebbe dovuto entrare in carica il nuovo presidente armeno: Nikol Pashinyan. Ex giornalista quarantenne, capo del partito d’opposizione, sarebbe dovuto succedere a Serž Sargsyan. Quest’ultimo, terminati i due mandati, per legge, non avrebbe più potuto candidarsi.
Serž Sargsyan, però, cambiando la costituzione, ha trasformato l’Armenia in repubblica parlamentare, da presidenziale che era. Poi si è fatto eleggere presidente della camera, regalandosi, dunque, un terzo mandato. Tutto legale ma tutto terribilmente odioso, a quanto pare. Da qui le massicce proteste.
Proteste che hanno portato le dimissioni, lo scorso 23 Aprile dello stesso Serž Sargsyan. Peccato sia arriva la doccia fredda per Nikol Pashinyan: il parlamento non gli ha dato la maggioranza. I suoi sostenitori, per tutta risposta, hanno bloccato il paese: strade (l’autostrada che collega Yerevan e Sevan ed, in parte, quella che collega Armenia e Georgia), stazioni (bloccati i binari che collegano Gyumri a Yerevan)ed aeroporti (sciopero all’aeroporto Zvartnots di Yerevan. Bloccata la strada che da Yerevan conduce allo stesso).
L’Armenia è indipendente, dall’ex Unione Sovietica, dal 21 Settembre del 1991 ma, comunque, è protetta militarmente e politicamente dalla Russia. Geograficamente confina con 4 stati, non proprio suo alleati: la Turchia, ad Ovest, che non riconosce il genocidio armeno, da essa perpetrato, circa un secolo fa; l’Azerbaijan, ad Est, a cui gli armeni contendono, dal 1988, il controllo del Nagorno-Karabakh, enclave armena in territorio azero, che fu assegnata a Baku da Stalin; la Georgia, a Nord, storicamente contro Mosca, dopo l’indipendenza, e quindi legata, anche per motivi energetici, a Turchia ed Azerbaijan; e l’Iran, a Sud, l’unico che mantiene buone relazioni con Yerevan, per avere uno sbocco commerciale nel mercato euroasiatico. L’Armenia è, infatti, uno stato membro dell’Unione Economica Eurasiatica (UEE), una sorta di Ue, a livello commerciale, promossa dalla Russia tra le Repubbliche ex-sovietiche.
Marco Crestani
Articolo in collaborazione con www.ticinonotizie.it