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Cronaca | 31 marzo 2021, 08:26

Chiedimi chi era Rudolf Minuto - di Fabrizio Provera

In morte di un musicista. E di un'anima fragile (e la stucchevole banalità dei commenti sulla morte)

Chiedimi chi era Rudolf Minuto - di Fabrizio Provera

 Se vuoi toccare sulla fronte il tempo che passa volando In un marzo di polvere di fuoco
E come il nonno di oggi sia stato il ragazzo di ieri
Se vuoi ascoltare non solo per gioco il passo di mille pensieri
Chiedi chi erano i Beatles, chiedi chi erano i Beatles

Se vuoi sentire sul braccio il giorno che corre lontano
E come una corda di canapa è stata tirata
O come la nebbia inchiodata fra giorni sempre più brevi
Se vuoi toccare col dito il cuore delle ultime nevi
Chiedi chi erano i Beatles, chiedi chi erano i Beatles

Dopo le ferie d’agosto non mi ricordo più il mare
Non mi ricordo la musica, fatico a spiegarmi le cose
E per restare tranquilla scatto a mia nonna le ultime pose
Ma chi erano mai questi Beatles, chi erano mai questi Beatles?

E’ morto Rudolf Minuto. Oppure, se volete, Rudolf  Minuto è morto. Cambiando l’ordine (di addendi o parole), purtroppo il risultato non cambia.

Un fiume di parole, francamente e per certi versi stucchevole come quello dei Jalisse di sanremiana memoria, sta inondando il web e i social. Un profluvio di ‘adesso suona con gli angeli’, ‘ovunque tu sia’, ‘salutami questo e quello’ distonico e fuori tono, fuori serie, fuori contesto. Ricostruiamo i fondamentali. Rudolf Minuto aveva 43 anni, viveva a Magenta ma era stato anche a e di Arluno (dove si svolse uno di quegli spettacoli da commedia del quotidiano che si sprecano, su di lui, e che lo vedevano irrimediabilmente ed inconsapevolmente protagonista; elezioni comunali 2009, lungo il corso principale si svolge un incontro di Gigi Losa, sindaco uscente che avrebbe poi rivinto. Rudolf si ferma con un’auto sgargiante, parcheggia in palese divieto e scende ad abbracciare un tizio. Tutto sotto gli occhi di un vigile. Che sbigottito guarda il sindaco uscente e rientrante. Gigi Losa, che era politico vero, quindi conosceva gli uomini, fa un cenno all’agente: è un artista, vedrai che adesso riparte). E Rudolf, con un jeans di due o tre taglie sfasate, maglia rossa che aveva conosciuto tempi migliori, barba e capelli tipici di qualche hashram di Bali, se ne ripartì sorridente. Sempre un secondo prima o dopo rispetto ai tempi di chi lo circondava.

Suonava, Rudolf Minuto, morto ieri (ormai è notte, come piaceva a te), a soli 43 anni; a Magenta sorrideva gentile alla persona che gli sospinse un giorno la carrozzina su cui era costretto, uno strumento che purtroppo non gli consentiva (a differenza di una chitarra) di sprigionare tutta la speciale, ingombrante, turbata sensibilità di chi nasce con un talento grande tanto quanto l’irrequietezza.

E ci può anche stare, ma non lo so, che un musicista forgiato dagli anni del Quasimodo (dove pare fosse un portento in Greco e passasse i compiti: del resto chi, conoscendolo, l’avrebbe dubitato?) ci sia passato, dalle pagine di Bruce Chatwin e del suo nomadismo intellettuale e letterario.

Una sera di sei o sette anni fa, non ricordo, Rudolf Minuto suonò al Soho Pub di Pontenuovo (dove Marino Facchi predicava luppoli importanti: birre pregne di misticismo, in tempi e anni non sospetti) con  Angelo Stoppa detto Vittorio Bassman, il ‘lungo’ divenuto icona dei suonatori di basso dell’est Ticino, con oltre 30 anni di venerabile carriera amatoriale targati Biglietti Falsi, molto altro e soprattutto coi Gamba de Legn, che grazie alle parole di quel geniaccio da corti e osteria che risponde al nome di Giovanni Parini, avvocato e figlio di Franco, detto Doctor Muratore, lo fanno assurgere a leggenda dei bar di paese e della feste di strapaese (‘Vittorio  Bassman, professione camionista/tiri su quatar ghei/suna i canson di Casadei’).

Era inverno, era infrasettimanale, eravamo pochi ma buoni, Rudolf giganteggiava passando dal blues al rock, Vittorio Bassman era un perfetto ‘servente assist’ di note. Rudolf faceva gli occhi dolci a una mia ex, di cui ero ancora geloso. Del suo corpo, certo, ma soprattutto della sua mente. Che prodigiosa mente, continuamente avviluppata nel far cazzotti con la realtà, che certe persone ci mettono anni a far pace con la propria intelligenza.

‘Rudolf, ti presento Fabrizio. E’ bravo, ma è un fascista…’. Stupore ma neppure un cenno di condanna in quegli occhi profondi e avvinti da quella luce sinistra che quelli come noi conoscono bene, e difatti prediligiamo la notte rispetto al giorno. Più facile, mascherare i tratti di quel mare d’irrequietezza che ci solca il viso. 

Davanti a una birra Rudolf ascoltava e parlava, domandandosi (credo) ma come si fa a essere fascisti dichiarandosi ammiratori di music blues? Ma John Belushi non vi ha insegnato un cazzo? Mah…

Da ricercatore compulsivo di tratti e vicende personali, successe da lì a poco che m’interessai alla parabola artistica di questa parvenza di vagabondo gentile che sembrava uscito da una canzone dei Nomadi, ma che i palati fini avrebbero senz’altro collocato nel girone dei musicisti omaggiati di citazione dai giganti. Da comparse  a primattori. Da strumentisti a protagonisti di canzone e canzoni. Come un altro prodigioso chitarrista, Jimmy Villotti, virtuoso del jazz cui Paolo Conte dedicò, molte lune fa, la proverbiale ‘Jimmy ballando’.

Jimmy, non credi che possiamo
offrirci un pranzo da pascià
a questo punto della nostra vita
vento d’autunno quindi entriamo qua
Jimmy, non so se sei d’accordo
abbiam mangiato una bontà
e caso mai possiamo farci anche un bel giro
con quelle due, ma ci vedi tu fin là

Jimmy, ballando, ballando
con due cinesi io e te
gente diversa da noi
è strano, sai
guardare in faccia Shangai
Jimmy, è sembrato educato
il nostro invito, chissà
ma la miopia
è così, è così, così
con due cinesi siamo qui

I lampi del genio di Rudolf  Minuto, vita sfortunata nella sua personale eclissi, ma così ricca di incontri e misticanza relazionale di anni ed anni, almeno 20, sono rintracciabili su You Tube, dove si trovano dei bei montaggi su di una sua esibizione all’Ideal di Magenta del 2012. Dove spuntano da un passato lontano le tracce del sodalizio artistico con Giusy Ferreri, che dal Cantagallo di Abbiategrasso e dall’Esselunga passerà al successo musicale ed ai palchi della musica da copertina, da riviste patinate e da prima serata sulle reti nazionali.

Da quel refugium peccatorum che è anche un coadiuvante della memoria (perduta), ossia Facebook, abbiamo estratto questa locandina di un concerto abbastanza recente, un anno e mezzo fa, quando allo Scotch Club di via Milano, altro porto notturno di mare e canzoni e vita ed ubriachi e ragazze, sta scritto che ‘Rudolf Minuto, Andrea Caio Cairati, Alessio Fusè e Flavio Bergamasco dei Santajegorah suoneranno brani degli Alice in Chains e dei  Mad Season , in una serata dedicata a Layne Staley’.

Gruppo che nasce nella seconda metà degli anni Novanta, leggiamo, e che produce un folgorante brano con relativo video post kubrickiano: ‘Bin Laden vive in un attico a Manhattan’, distopico e distorto (nel senso delle chitarre).  Il 2 aprile 2010, sulla pagina Facebook dei Santajegorah, si legge che Giusy Ferreri ha confermato la sua presenza al “Kurt Cobain and Layne Staley Tribute” di domenica 4 aprile al Rock’nRoll Arena di Romagnano Sesia. Giusy e i Santajegorah suoneranno alcuni brani di Nirvana ed Alice In Chains!

Suoneranno anche a Cusano Milanino, i ‘Santa’. I Nirvana nel paese nativo di Giovanni Trapattoni.. Meglio di un poema in endecasillabi sciolti.

Dei tanti ricordi pubblicati in queste ore, ricordiamo (perché ci venne raccontato anni fa.. ) quello di Simona, un’amica di Rudolf che venne coinvolta in un’impresa ai confini della realtà: Rudolf….potrei parlare di quel giorno ventoso in cui girammo per Magenta e tu avevi addosso solo l’accappatoio – e gli anfibi – e la chitarra..volevi che ti facessi un video per la tua nuova canzone… il video lo conservo per noi due, la foto che ti ho fatto rimarrà per sempre nel tuo album…che tutto il vento di quel giorno possa spazzare via questa tristezza (digli a Nico che l’ho perdonato per avermi mangiato le scarpe una sera!) 🖤 30.03.2021

Rudolf intanto suonava e macinava concerti. Ovviamente dal Barry, che lo coinvolse nelle sue prodezze blues che per diversi anni hanno trasformato Corbetta nella Louisiana e il Ticino nel Mississipi. Di qua e di là, sfornando album strumentali dai nomi evocativi (‘Weltanschauung’), accompagnando in riva al fiume Azzurro anime con le quali evidentemente poteva condividere passioni, parole e struggimenti. Come ci ha raccontato Alessandro Maggioni, che a Corbetta è stato amministratore pubblico ed oggi è il presidente nazionale di Confcooperative Habitat.

Questo pomeriggio una notizia mi ha lasciato senza parole: Rudolf, il mio geniale e giovane amico Rudolf, è morto.

Rudolf era un essere speciale: genio puro e imprevedibile sregolatezza. Talento superbo e sensibilità fuori dal normale, condite all’occorrenza da una fantastica e liberatoria grevità. Con Rudolf si passava da cover perfette di Micheal Hedges al rock sperimentale più duro, passando per sanguinante blues. Rudolf aveva una cultura musicale sconfinata ed era un filosofo.

Ricordo i pomeriggi al Ticino a suonare lui la chitarra e io l’armonica, parlando di vita, mistero e morte.

Per poi lasciarci andare a turpitudini senza senso.

Ah, Rudolf, amico caro. Non ti vedevo da questo settembre di 7 anni fa, quando suonasti per noi in via Zoia. Ma eri sempre presente con il tuo talento e con i tuoi cd regalati.

Sei stato una presenza importante per tanti. Ci hai segnato con la tua essenza. Troppo poco sei stato su questa terra.

Siamo fortunati noi che ti abbiamo conosciuto.

Buon viaggio amico. Che le tue corde pizzicate, battute, accarezzate e maltrattate possano suonare per sempre in tutti quelli – tanti – che ti hanno conosciuto, che hanno riso con te e a cui hai donato il tuo inestimabile talento e la tua umanità.

Rudolf Minuto alias Keaton, oppure Keaton alias Rudolf Minuto: nelle parole, inarrivabili, del testo che Francesco Guccini dedicò ad un musicista realmente esistito di Claudio Lolli, e morto prematuramente, noi ci ritroviamo parecchio di Rudolf.

Keaton si presentò come un jazzista,
appassionato e puro, in stile Rete Tre,
coi pregiudizi di chi si sente artista
perchè non faceva soldi, lui, con le canzoni, come me,
ma non mi accompagnava poi malvolentieri,
eravamo due grandi acrobati della malinconia
e poi, poi dobbiamo farne di mestieri
noi che viviamo della nostra fantasia…Parlavamo poi molto in quelle sere,
in qualche bar, dopo il concerto, insonni e morti,
di politica, ciclismo, storie vere
e di come i “Weather Report” erano forti
e di come era importante fra la gente
non essere solo musica e parole
e di come era importante che la gente
non fosse una massa di persone sole…

Poi ho provato a rintracciarlo dappertutto,
chiedendo a più d’ un dirigente supponente,
telefonando all’Arci-caccia, all’Arci-tutto,
ma di Keaton sembra non sia rimasto niente.
Se se ne parla è nel ricordo di un momento,
qualcuno dice che l’ ha visto, ma lontano,
e tutti, tutti con un gran sorriso spento
come per dire: “Era un ragazzo troppo strano”.

Andatela a risentire, questa meraviglia di album forgiato da quel virtuoso ‘burattinaio di parole’ che risponde al nome di Francesco Guccini, dove nella canzone che dà il titolo all’album, Signora Bovary, scorgerete silenti (e fulminanti) i lampi di e del genio.

Ma che cosa c’è proprio in fondo in fondo,
quando bene o male faremo due conti,
e i giorni goccioleranno come i rubinetti nel buio
e diremo “…un momento, aspetti…” per non essere mai pronti,
signora Bovary, coraggio, pure
tra gli assassini e gli avventurieri,
in fondo a quest’ oggi c’è ancora la notte,
in fondo alla notte c’è ancora, c’è ancora….

Oppure ritroverete Rudolf, c’è sovvenuto mentre scrivevamo queste note, seduto su di una spiaggia a fianco del Fabrizio De Andrè, nella versione di Luca Marinelli (‘Principe libero’), quando tra carrugi, vino rosso d’osteria, prostitute dei vicoli (‘Vecchio professore cosa vai cercando In quel portone
Forse quella che sola ti può dare Una lezione Quella che di giorno chiami con disprezzo Pubblica moglie Quella che di notte stabilisce il prezzo
Alle tue voglie’) e whisky tutt’altro che single malt, Faber parlava toccando le note più profonde del vivere prossimo al morire con Luigi Tenco, che infatti di lì a poco si sparerà durante il Festival di Sanremo.

Dio di misericordia
il tuo bel Paradiso
lo hai fatto soprattutto
per chi non ha sorriso
per quelli che han vissuto
con la coscienza pura
l’inferno esiste solo
per chi ne ha paura.

E varrebbe la pena, come sempre, e chi si sbaglia a scomodare il più grande di sempre, di riconoscere per la volta numero non lo sappiamo neppure che nel 1974 Fabrizio De Andrè predice e prevede tutto quanto stesse accadendo (e sarebbe accaduto, anche di lì a molto) a chi aveva la (s)ventura di nascere in un tempo di sovvertimento, oltre che sovversione. Lo lesse con drammatica e lucida preveggenza in Amico fragile, brano che  non a caso è divenuto patrimonio del repertorio più intimista di Vasco Rossi.

Evaporato in una nuvola rossa
In una delle molte feritoie della notte
Con un bisogno d’attenzione e d’amore
Troppo, se mi vuoi bene piangi
Per essere corrisposti
Valeva la pena divertirvi le serate estive
Con un semplicissimo “Mi ricordo”
Per osservarvi affittare un chilo d’erba
Ai contadini in pensione e alle loro donne
E regalare a piene mani oceani
Ed altre, ed altre onde ai marinai in servizio
Fino a scoprire ad uno ad uno i vostri nascondigli
Senza rimpiangere la mia credulità
Perché già
Dalla prima trincea
Ero più curioso di voi
Ero molto più curioso di voi

E forse, com’avviene altrettanto spesso, t’avranno capito meglio le donne degli uomini, che nel grembo possiedono (loro) il segreto e il mistero di chi dà la vita, e ci vogliono tutti così uguali mentre in realtà siamo splendida e periclitante complementarietà.. E allora, vai Sabrina…

Oggi ho fatto surf.

O meglio, mi sono sdraiata pancia sulla tavola, ho mosso le braccia nell’acqua con un movimento alternato fino a una ventina di metri dalla riva e mi sono seduta. Non c’erano grandi onde, ma meglio. Ancora devo trovare il mio equilibrio, figuriamoci. E fatico a balzare in piedi sulla tavola, destra avanti e sinistra dietro con baricentro da trovare, anche quello. Ginevra mi ha detto di trovare la mia onda come se fosse l’uomo giusto: ho riso di gusto.

Ho lasciato la tavola alle altre e sono tornata a riva. E poi mi sono seduta con una birra a guardare l’ora più bella. E ti saluto cosí. La notizia della tua morte mi è arrivata qui con tre ore di fuso orario e pezzi di memoria passati, fatti di liceo, di foto di gite fatte male e di musica tua. Non riesco ancora a crederci, e sai perché? Perché tu sei noi. Io sono te. Posso solo salutarti cosí, con i miei frammenti e questa birretta. E con le mie risate sui tempi sbagliati. Tu riuscivi a sistemarli tutti sulla chitarra. Suona sempre con il cuore, Rudolf.

E adesso, mentre ci rendiamo conto che stiamo battendo pericolosamente il terreno più scivoloso di tutti, quello della morte, ci sovviene che è impossibile dire addio a Rudolf Minuto senza instillare e instillarci una risata. Che del resto, ce lo insegnano i grandi artisti, il sorriso è una compiaciuta e superba forma di recitazione appannaggio solo di chi (della vita) ha saputo bere fino in fondo l’amaro calice del Drammatico.

Allora, come successe quel giorno, ti e ci congediamo col ricordo di Stefania. Addio Rudolf, perdonaci tutti per quel mare di suonate con gli angeli e di ovunque tu sia.

Una sera gli ho acceso il riscaldamento del sedile a 5. Se n’è accorto dopo un’ora. ” Mi brucia il culo, è normale?”

Fabrizio Provera

Articolo tratto dal sito partner www.ticinonotizie.it

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