«L'ho colpita con una martellata alla testa, non so cosa mi sia successo. Sono stato mezz’ora a guardarla e poi sono tornato a casa». E' agghiacciante la ricostruzione del delitto di Carol Maltesi, la ragazza di 26 anni originaria del Varesotto uccisa e fatta a pezzi nel gennaio scorso dal vicino di casa di Rescaldina, con cui aveva avuto una relazione, e ritrovata nei giorni scorsi in una scarpata a Borno, nel Bresciano.
La confessione dell'uomo, bancario insospettabile, food blogger e fotografo per passione, ai carabinieri di Brescia riportata dal Corriere della Sera oggi in edicola racconta cosa sia accaduto quella maledetta sera di gennaio quando Carol Maltesi, ex commessa passata al mondo dell'hard dopo le difficoltà nel periodo del lockdown con lo pseudonimo di Charlotte Angie, viene uccisa. Carol, madre di un bambino (che vive con il padre), cresciuta a Sesto Calende e passata per Busto Arsizio dove aveva frequentato le superiori, si era trasferita a vivere a Rescaldina.
La giovane inizia a frequentare il quarantatreenne Davide Fontana: «L'ho conosciuta a Milano nell’ottobre 2020. Io lavoravo in banca ma ho la passione per la fotografia. L’ho incontrata attraverso Instagram e le facevo degli scatti in abbigliamento intimo» il suo racconto riportato sempre dal quotidiano milanese.
Fontana, che nella serata di martedì, dopo il ritrovamento del corpo, ha confessato di essere l'autore del delitto: attribuisce tutto a un gioco erotico finito male, con la ragazza legata un palo della lap dance e immobilizzata con lo scotch: «Stavamo girando un filmino hard - la ricostruzione di Fontana riportata dal Corriere - Lei era legata, aveva un sacchetto in testa. Ho iniziato a colpirla con un martello su tutto il corpo, non forte. Poi quando sono arrivato verso la testa ho iniziato a colpirla forte, non so bene il perché. Non so cosa mi sia successo. Credo fosse già morta ma non sapendo che altro fare le ho tagliato la gola con un coltello da cucina».
Secondo quanto riferito agli investigatori a quel punto Fontana perde la testa, non sa cosa fare. Fissa il corpo di Carol senza vita: «Sono stato mezz’ora a guardarla e poi sono tornato a casa». Inizia un lungo processo per nasconderne il cadavere: lo fa a pezzi («in tre giorni») dopo aver comprato un'accetta e un seghetto, pulisce l'appartamento e lava gli stracci in lavatrice, ordina un braciere per dargli fuoco (operazioni che non porterà mai a termine), poi acquista su Amazon un congelatore, lo installa all'interno della casa della vittima e ne nasconde il cadavere smembrato. Per due mesi utilizza il cellulare della ragazza, inviando messaggi per far credere che fosse ancora viva. Quando una vicina di casa chiede dove fosse il figlioletto di Carol, che periodicamente veniva a trovare la mamma, lui le risponde che è «a Verona, con il papà».
Il ritrovamento del corpo abbandonato in un burrone della Valcamonica, lo scorso 21 marzo, mette fine alla messa in scena. La ragazza viene identificata attraverso i tatuaggi e Fontana confessa ai carabinieri: «Vi ho raccontato tutto questo perché volevo togliermi questo peso e dire la verità», le parole di Fontana messe a verbale e riportate dal Corriere della Sera. Un peso di un racconto dell'orrore che sarà impossibile dimenticare.