Un trentenne milanese è stato condannato a 16 anni e 10 mesi in abbreviato a Milano per sei episodi di violenza sessuale ai danni di bambine, detenzione di materiale pedopornografico e violazione della misura della sorveglianza speciale.
Lo ha deciso la gup Daniela Cardamone superando la richiesta di pena a 13 anni formulata dal pm Francesca Gentilini, titolare delle indagini della Squadra mobile.
L’uomo, difeso dall’avvocato Roberto Grittini, aveva già scontato due condanne definitive per reati sessuali nei confronti dei minori. E’ accusato di aver abusato nei primi mesi del 2018 di due sorelline alle quali faceva da baby sitter e di altre quattro bimbe tra il 2021 e il marzo 2022, quando è stato arrestato per la violazione delle prescrizioni imposte dal Tribunale.
Dalla perquisizione domiciliare gli investigatori della quarta sezione lo avevano trovato in possesso di oltre mille file tra foto e video di natura pedopornografica. Stando all’inchiesta il trentenne approcciava i genitori delle giovani vittime sui social fingendosi una donna. Poi con una scusa si presentava di persona offrendosi in alcuni casi di fare anche delle ripetizioni. Una volta rimasto solo con le bambine le abusava. Le motivazioni saranno depositate tra 60 giorni.
Il presunto pedofilo seriale è stato condannato anche per detenzione di materiale pedopornografico (più di mille file), oltre che per la violazione della misura della sorveglianza speciale e per le violenze sulle sei bimbe.
Senza attenuanti e con la recidiva nella massima estensione. Dalle indagini è emerso che, anche attraverso i social, l’uomo sarebbe riuscito ad agganciare famiglie in difficoltà per arrivare, poi, ad abusare di bambine. In passato aveva anche seguito il noto percorso riabilitativo per ‘sex offender’ del professor Paolo Guglielmo Giulini, criminologo e professore all’Università Cattolica, al quale si era volontariamente sottoposto.
Nell’interrogatorio dopo l’ultimo arresto, a fine marzo scorso, il giovane aveva detto al giudice di essere malato, chiedendo, così a verbale, la “castrazione chimica”. La Procura aveva chiesto una condanna a 13 anni e il giudice, senza concedere alcuna diminuzione prevista dalle norme, ha portato la pena fino a 16 anni.